Papa Francesco e l'inferno che non esiste: Antonio Socci, scampato pericolo
L’inesistenza dell’inferno: scampato pericolo per Antonio Socci
Antonio Socci dovrebbe essere contento di apprendere da Papa Francesco che non esiste l’inferno. Eh, sì, perché un signore che dà sempre addosso al Papa appena questi apre bocca, rischia di finirvi all’inferno. Scherzo, ovviamente. Però è vero che Antonio Socci non perde occasione per criticare il Papa e questo lo rende poco credibile anche quando magari ha ragione. Questa volta, però, non mi sembra abbia ragione. Non si può affermare che l’inferno esiste solo perché nelle Scritture si parla dell’inferno. Qualcuno, magari lo stesso Socci, potrebbe subito obiettare che allora non si può affermare, per esempio, la nascita verginale di Gesù solo perché è scritto nel Vangelo. Ma l’obiezione è sbagliata. La nascita verginale di Gesù, oppure, non so, la sua risurrezione, sono in contrasto con le leggi della natura, ma non sono in contrasto col concetto che il credente ha di Dio. L’inferno è in contrasto con la misericordia infinita di Dio, ed è sicuramente questo che ha persuaso il Papa della inesistenza dell’inferno. Magari il Papa avrà anche letto “L’anima e il suo destino” di Vito Mancuso, il teologo cattolico che espone diverse buonissime ragioni che negano l’esistenza dell’inferno come pena eterna. Per non annoiare il lettore mi limito a trascriverne una: «Gesù ha insegnato a perdonare “settanta volte sette”, cioè sempre. Infatti, fino a quando non si perdona, il male subito agisce in noi provocando malessere, desiderio di vendetta, collera, disarmonia. La nostra energia interiore ne viene risucchiata, sporcata. Occorre perdonare anzitutto per il bene di se stessi... Solo in un secondo tempo, potrà sorgere il perdono anche come attivo sentimento verso colui che ci ha procurato il male». Penso che il lettore abbia già capito, ma trascrivo alcune righe più avanti: «La teologia che sottostà alla dannazione eterna non attribuisce a Dio, al Padre degli uomini, nemmeno questo primo livello del perdono come buon senso e ne fa un Dio perpetuamente irato, roso dal risentimento. Il Dio di cui si pensa che mantenga l’eternità della dannazione per goderne lui e i suoi eletti, è un Dio abitato dall’ira, desideroso di vendetta, maschile, troppo maschile» (pp. 258 - 259).
In una lettera apparsa su Il Manifesto del 16 gennaio 2007, scrivevo: “Riguardo alla dannazione eterna, in realtà, è difficile immaginare che Dio, Padre della misericordia, non abbia dato la possibilità anche all'anima più nera, di pentirsi amaramente, per tornare cambiato alla casa del padre; così come nella parabola del figliol prodigo”.
Ecco. Perché Antonio Socci non prova a confutare le tante ragioni che inducono ad escludere l’esistenza dell’inferno, anziché appellarsi alle Scritture?
Renato Pierri
(Scrittore)