Cronache

Parigi, Paolo Magri (Ispi): "I bombardamenti in Siria non bastano"

di Lorenzo Lamperti
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Paolo Magri, direttore dell'Ispi (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale), spiega in un'intervista ad Affaritaliani.it i rischi legati al terrorismo dopo gli attacchi a Parigi e le contromisure che Ue e Occidente dovrebbero prendere in considerazione.

Paolo Magri, dopo gli attacchi a Parigi gli allarmi di possibili attentati si stanno diffondendo in tutta Europa, dalla Germania all'Italia. Ma non si era detto che la Francia ha subito gli attacchi come rappresaglia per il coinvolgimento in Siria?

Mi pare che al momento ancora non sia successo nulla al di fuori della Francia e comunque non ci sono conferme definitive sulla presenza di piani concreti di attentato in Germania. E' chiaro che adesso, dopo quanto è successo a Parigi, ogni possibile pista venga valutata con un'attenzione particolare e che quindi in questo momento diventino pubbliche e visibili anche voci e minacce che fino alle scorse settimane sarebbero passate sotto traccia. Con questo non voglio dire che non ci siano rischi ma che semplicemente dovremmo stare attenti a non esasperare una situazione nella quale serpeggiano già molta paura e insicurezza.

Gli allarmi si moltiplicano proprio per la situazione generale di insicurezza, dunque?

Esatto, come è accaduto ieri per i magazzini Lafayette a Parigi, i voli Air France dagli Usa, l'aeroporto di Copenaghen... tutte situazioni che non hanno portato a riscontri. Alimentando la preoccupazione si fa il gioco dei terroristi. Non si deve assolutamente bloccare il normale svolgersi della vita pubblica delle nostre città.

Francia e Russia hanno intensificato i bombardamenti in Siria e chiedono che anche altri Stati facciano lo stesso. E' questa la strategia giusta per sradicare l'Isis?

Guardi, 200 o 300 raid in più in Siria in Iraq vogliono dire poco o nulla. Si tratta di due Paesi che hanno ricevuto nell'ultimo anno oltre 10 mila raid. Non sono certo questi bombardamenti la risposta definitiva e risolutoria al fenomeno terroristico. E' d'altra parte comprensibile che il Presidente della Repubblica François Hollande annunci e attui alcune rappresaglie che hanno anche come obiettivo quello di rassicurare l'opinione pubblica sulla prontezza della reazione del governo.

Qual è la risposta giusta dell'Europa e dell'Occidente all'Isis?

Ci sono due fenomeni diversi, seppur correlati, sui quali è necessario intervenire: c'è il terrorismo interno ai nostri Paesi, e alla Francia in primis, che pone questioni di sicurezza interna da risolvere con un potenziamento e un corretto uso degli strumenti informativi e, soprattutto, con un potenziamento della collaborazione fra le intelligence dei vari Paesi europei. Il secondo problema è la crisi in Medio Oriente, derivante dall'esistenza di un'area incontrollata tra Iraq e Siria che favorisce una propagazione del fenomento terroristico. E' chiaro a questo punto che i soli interventi aerei non siano sufficienti ed è altrettanto chiaro che un intervento di terra richiede come precondizione quell'accordo politico tra le potenze attive nella regione (Russia, Usa, Arabia Saudita e Iran) che si sta forse lentamente formando attorno alle conferenze di Vienna.

La nuova alleanza tra Putin e Hollande può essere la nuova guida per l'Occidente?

L'intervento di Putin di alcune settimane fa ha riportato l'attenzione generale sulla crisi siriana e ha avuto il merito di smuovere le acque, nonostante le ambiguità dei suoi obiettivi. Il nuovo impegno francese nasce in relazione ai fatti di Parigi e può dare ulteriore impulso all'identificazione di una soluzione per la crisi in tempi rapidi. E' però fondamentale che non ci siano reazioni a caldo e che si tenga conto di quanto abbiamo imparato dagli errori compiuti in interventi militari passatti, effettuati senza una corretta valutazione delle conseguenze nel lungo periodo. Libia e Iraq dovrebbero insegnarci qualcosa.