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Cronache
Dalai Lama e il bacio al bimbo, la pedofilia anche tra i monaci buddisti

Spostando latitudine fece scalpore la reazione che sempre il Dalai Lama ebbe nel 2018 quando 4 studenti gli si rivolsero in un incontro a Rotterdam, raccontando le violenze subite da alcuni monaci: “Quelle cose le sapevo già, niente di nuovo”. Condannando poi le azioni che avrebbero messo i carnefici di fronte alla propria vergogna.

Resta il fatto che il problema della violenza sessuale nei culti è un pratica molto sottovalutata e di difficile gestione.

C’è da chiedersi se non sia la stessa strutturazione, con l’obbligatorietà del celibato dei sacerdoti, il voto di castità, il potere legato al ruolo in un contesto chiuso e poco trasparente a facilitarne la diffusione. Come negli altri cleri sono nati gruppi di monaci che hanno dato priorità alla lotta alla pedofilia e alla violenza sessuale ma è una storia vecchia quanto il mondo, problematica da maneggiare anche per vertici dei vari cleri dalle storie secolari, in caso di integrità degli stessi.

Poi in alcuni territori asiatici il culto si innesta in tessuti sociali dove la popolazione è davvero povera. Nella Thailandia contadina gli abusi degli anziani monaci sui novizi si sovrappongono a un contesto di sopravvivenza. La carriera monastica consente anche agli strati più disagiati un'istruzione gratuita, un sostegno finanziario e un alloggio. Molti di coloro che subiscono violenza sono poveri, non scolarizzati e facili prede.

Secondo la legge nazionale, il sesso con minori di 15 anni, indipendentemente dal consenso, è classificato come stupro con una pena detentiva massima di 20 anni e/o una multa massima di 400.000 baht (10.000 euro). Un motorino si compra con circa 1000 euro. La pena può può essere aumentata di un terzo se lo stupratore aggredisce un minore che gli è stato affidato. Potrebbero anche affrontare l'ergastolo se il bambino ha meno di 13 anni. “Eppure”, racconta sempre il Bangkok Post “la maggior parte dei monaci pedofili sfuggono alla legge perché sono protetti da una cultura di paura, segretezza e impunità nei templi”.

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