Cronache
"Pronti a sintetizzare il Favipiravir. Così l'Italia non sarà impreparata"
Intervista al chimico Giorgio Borioni
Vista la risonanza che in queste ore sta avendo la questione Avigan (nome del principio attivo: Favipiravir) abbiamo ritenuto utile una nostra indagine esplorativa su un argomento che in queste ultime ore sta tenendo banco nelle discussioni sul web intorno al caso Covid-19. Al di là dell’efficacia o mendo del farmaco, ci siamo posti una domanda secondo noi fondamentale, ovvero: se l’approvvigionamento dovesse diventare un problema di emergenza nazionale, l’Italia sarebbe pronta a produrla in modo autonomo? Sulla questione abbiamo sentito il Dott. Giorgio Borioni, chimico, attualmente collaboratore presso il DAFNE dell’Università della Tuscia di Viterbo, che per anni ha prestato la sua preziosa opera come consulente per le più importanti aziende farmaceutiche italiane, e che si è dichiarato pronto ad offrire il suo contributo. Vediamo in che modo.
Dr. Borioni, in questa situazione di emergenza si è offerto di dare un contributo concreto agli sforzi comuni di queste settimane per sconfiggere il Covid-19. Cosa può dirci a proposito del Favipiravir?
"Premetto che sono un esperto di sintesi chimica e non un medico; ma una volta che i medici dovessero decidere di dotarsi in poco tempo e in modo autonomo del Favipiravir, allora sarei pronto a dare un contributo quanto mai determnante. Vorrei spiegare meglio ai nostri lettori il concetto. Dal punto di vista ufficiale e in condizioni normali, se una ditta farmaceutica detiene un brevetto per una sostanza, non sarebbe possibile una produzione in proprio da parte di un governo come quello italiano, ad esempio, senza un preciso accordo economico con la ditta stessa. Ma esistono casi di deroga a questa prassi, soprattutto in situazioni di emergenza nazionale, nei quali strutture accreditate (come possono essere i laboratori di opportuni ospedali ad esempio) dovrebbero essere messi in grado di produrre un certo principio attivo, che nella situazione contingente si trova ad essere di importanza vitale per la salute pubblica".
E il Favipiravir può essere inquadrato nell’ambito di tale deroga, visto che ci troviamo per l’appunto in una emergenza sanitaria nazionale conclamata?
"Tutto dipende dalle scelte, a livello di priorità e di tempistiche, dei dirigenti delle strutture ospedaliere che hanno in cura i malati di Covid-19. Essendo io all’oscuro di accordi in corso con la holding giapponese che detiene il brevetto, quello che io posso immaginare è che alcuni dirigenti ospedalieri stiano optando per includere il Favipiravir nei loro protocolli di cura sperimentale, ma non avendolo a disposizione siano costretti a rinunciarvi, con grave conseguenze sui tempi di degenza e sulla percentuale di guarigione dei malati. Il Favipiravir in realtà può essere anche addirittura ordinato on line a ditte specializzate del settore, ma a prezzi esorbitanti e in quantità irrisorie, considerata la mole di pazienti che ipotizziamo di dover trattare".
Quindi in sostanza cosa proporrebbe di fare?
"Quello che proporrei di fare è molto semplice. Mentre la buracrazia segue il suo aimè lento decorso, mi propongo per la preparazione in laboratorio di alcuni chilogrammi di principio attivo, in modo che gli ospedali italiani siano autonomi e pronti, in poco tempo, ad avviare una sperimentazione sui propri malati di Covid-19 ricoverati (ma a discrezione delle autorità sanitarie anche su quelli in isolamento domestico), sentendosi quindi liberi di optare per sperimentazioni a base di Favipiravir senza problemi di approvvigionamento. Ho già messo giù uno schema di sintesi che permetterebbe di preparare il Favipiravir a partire da materie prime accessibili in gran quantità e a prezzi assolutamente sostenibili".
E sarebbe disponibile da subito? e a che condizioni?
"Da subito, incondizionatamente e a titolo gratuito, visto che in questa situazione ognuno nel suo piccolo dovrebbe poter fare qualcosa. Io sto qui, confinato in casa quando il mio posto dovrebbe essere in trincea, a combattere per sconfiggere questo morbo. E’ assurdo tanto più se consideriamo che per anni ho prestato la mia opera di consulente per ditte di fama internazionale, come Sigma-tau, Italfarmaco, Menarini, Recordati, Wyeth-Lederle, ecc. Il mio è dunque un appello ai dirigenti ospedalieri di grandi strutture che intendano impiegare il Favipiravir, quali lo Spallanzani, il Gemelli, o l’ospedale militare Celio, affinchè mi contattino. Io sono a loro completa disposizione e sarò felice di prestare la mia opera per la realizzazione di questo progetto. Per chi lo volesse può contattarmi via mail all’indirizzo giorgio.borioni@unitus.it