Cronache

Sanità, medici di base anche per i senza fissa dimora ma resta il nordo risorse. Così i pronto soccorso si svuotano e lo Stato ci guadagna

di Francesco Crippa

La legge è stata approvata all’unanimità dal Senato. Ma tra risorse risicate e medici che mancano come sarà possibile attuare la proposta? Ecco i dettagli

Sanità,  arrivano i medici di base anche per i senza fissa dimora. La legge mette in campo un fondo da 1 mln di euro tra il 2025  e il 2026 

Anche i senza fissa dimora avranno accesso al medico di base. Martedì la legge proposta dal deputato del Partito democratico Marco Furfaro è stata approvata all’unanimità dal Senato (il via libera della Camera era arrivato già a giugno). Un esempio di buon governo, apprezzato anche dall’Ordine nazionale dei medici: “Esprimiamo soddisfazione e un plauso ai parlamentari per questa norma che va incontro a un bisogno reale di persone che sono tra le più fragili della nostra società”, spiega ad Affaritaliani.it il presidente Filippo Anelli. Tuttavia, con una carenza di medici sul territorio nazionale che supera le tremila unità è lecito domandarsi quanto la nuova legge riuscirà a essere davvero efficace.

Un milione di euro per iscriversi alle liste delle Ats

“Innanzitutto, attribuire un medico di famiglia ai cittadini senza fissa dimora significa consentire l'accesso a tutte le prestazioni del Servizio sanitario nazionale. È una norma di buon senso e di grande impatto civile e sociale perché attraverso la medicina generale è possibile ottenere tutte le cure”, continua Anelli. Per farlo, la legge – sperimentale per ovvi motivi tecnici – mette in campo un fondo da un milione di euro sia per il 2025 che per il 2026. Il programma verrà attuato nelle città metropolitane, dove i senza fissa dimora potranno iscriversi alle liste degli assistiti delle aziende sanitarie locali, scegliere un medico e accedere ai Lea (cioè le prestazioni incluse nei Livelli essenziali di assistenza).

Mancano i medici: come lo si garantisce a tutti?

Uno dei problemi rilevati rispetto alla legge è l’effettiva capacità di garantire un medico a queste persone. Secondo le stime di marzo della Fondazione Gimbe, istituto di ricerca specializzato in ambito sanitario, mancano più di 3.100 medici di famiglia, dato destinato ad aumentare nei prossimi anni a causa dei pensionamenti. Inoltre, il 47,7% dei 39mila e passa medici attualmente attivi supera già il limite massimo di 1.500 pazienti. “Il problema, però, è più generale e riguarda tutta la sanità”, sottolinea Furfaro al nostro giornale. Non manca solo il personale, ma anche le risorse necessarie a mantenerlo. In questo senso, spiega l’onorevole dem, “la legge non ha solo un elemento di giustizia sociale, ma conviene allo Stato da un punto di vista economico, facendo risparmiare costi che potrebbero essere investiti in assunzioni”.

A oggi, infatti, per curarsi i senza fissa dimora devono recarsi al pronto soccorso, dove una prestazione allo Stato costa tra i 300 e i 400 euro. Considerando che secondo le stime ci vanno circa 10 volte l’anno, si parla di tre-quattromila euro per ciascun di loro. “Il medico di base, invece, costa solo 80 euro l’anno a persona”, chiosa Furfaro. Per Anelli, il problema legato alla mancanza di medici si può risolvere: “Non si sta parlando di numeri enormi, quindi attraverso una lista che vada in deroga al massimale del singolo medico si può superare l’ostacolo”. Il modello è quanto sperimentato in Puglia, dove si è adottato questo meccanismo per dare un medico di base agli stranieri temporaneamente in Italia. “Per farlo non c’è bisogno di una norma di legge, basta un’indicazione del ministero alle Regioni”.

La protesta della sanità: sciopero il 20 novembre

A incidere sulla mancanza di medici di famiglia è in particolare la scarsa attrattività del posto di lavoro. “I giovani laureati sono portati a scegliere una specializzazione organo-specifica rispetto a quella della medicina generale perché la borsa di studio passa da 800 euro a 1.600”, spiega ancora Anelli. La carenza di risorse e personale che affligge la sanità ha spinto i due principali sindacati dei medici dipendenti, Nao e Cimu, e quello degli infermieri Nursing Up a indire uno sciopero per il 20 novembre. “È una protesta simbolica rispetto alla scarsa considerazione che c’è nei nostri confronti”, continua il presidente dell’Ordine. “In genere, la gran parte delle risorse destinate alla sanità finora non è stata attribuita ai professionisti. Prendiamo i soldi del Pnrr, 15 miliardi di euro: sono andati tutti sulle strutture e sulle infrastrutture e non è un euro è stato attribuito ai professionisti. Così mancano le risorse utili per i nuovi rinnovi contrattuali, che però sono obbligatori per legge”.

 

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