Cronache
Mafia a Palermo: confiscati beni da un milione di euro a Giuseppe Sansone, autista di Riina
Il 73enne aveva costruito il residence in via Bernini in cui ha vissuto il boss mafioso nell'ultimo periodo della sua vita da latitante
Palermo, beni da un milione di euro confiscati al braccio destro e autista di Toto Riina, Giuseppe Sansone
La sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo ha disposto la confisca di beni per un valore di un milione di euro a Giuseppe Sansone, 74 anni, fedelissimo di Toto Riina, boss mafioso del clan dei Corleonesi di Cosa Nostra. Sansone è colui che ha costruito il residence di via Bernini in cui abitava Riina (tanto che il giorno del suo arresto, nel gennaio del 1993, Riina uscì proprio dal cancello di quel complesso), ma anche il suo autista e braccio destro. Il provvedimento è stato eseguito dagli investigatori dell’ufficio Misure di prevenzione patrimoniali della divisione Anticrimine della questura di Palermo, che hanno condotto le indagini.
I beni confiscati a Sansone
La confisca dei bene per un milione di euro riguarda un'azienda edile, di proprietà del figlio di Sansone, Roberto, e che si trova in zona Uditore, la stessa del residence di via Bernini in cui oggi ci sono la stazione dei carabinieri Uditore e le sedi del Centro studi Paolo Borsellino e dell'Ordine dei giornalisti di Sicilia, ospitate tutte in beni confiscati alla famiglia Sansone. Passano allo Stato anche vari rapporti finanziari e sei automobili. A Giuseppe Sansone è stata applicata la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno, per quattro anni e sei mesi. Le misure erano state richieste in una proposta congiunta avanzata dalla Procura della Repubblica e dal questore di Palermo, Vito Maurizio Calvino e il sequestro, primo passaggio del procedimento, era stato eseguito già un anno fa, dalla polizia.
I precedenti dell'autista del boss
Sansone era stato condannato definitivamente per mafia già dopo la scoperta del covo di Riina sempre nel '93, in cui furono trovati appunti e manoscritti con riferimenti inequivocabili a lui e ai fratelli. A luglio 2019 la Squadra mobile aveva riarrestato Sansone nell’ambito dell’operazione New Connection, che aveva evidenziato legami perduranti tra esponenti del mandamento di Passo di Rigano-Boccadifalco e mafiosi italoamericani: per questo era stato condannato in primo grado a 11 anni e 8 mesi.