Cronache
Strage ad Agrigento, uccide fratello, cognata e i due nipoti. Poi si spara
L'omicida Angelo Tardino è morto in ospedale, in fuga aveva fatto partire contro di sé due colpi alla testa in diretta telefonica con i Carabinieri
Strage a Licata, Angelo Tardino uccide il fratello, la cognata e i figli, due ragazzini di 11 e 15 anni, poi si spara alla testa. Il movente: l'eredità
Un'altra famiglia cancellata nel giro di qualche ora. Questa volta il teatro della tragedia è Licata, in provincia di Agrigento, dove questa mattina Angelo Tardino, 48 anni, ha ucciso 4 familiari e poi ha fatto fuoco contro sé stesso. Dietro la strage familiare, si apprende, sarebbero contrasti connessi a una eredità. L'omicida, che in un primo momento era stato ritenuto morto, è stato trasportato in elisoccorso all'ospedale Sant'Elia di Caltanissetta, in coma irreversibile, dove poi è morto.
Secondo quanto ricostruito, l'uomo era andato, alle prime luci del mattino, in contrada Safarello, dove si trova la casa di campagna del fratello Diego, 45 anni. Nella stessa zona ci sono dei terreni lasciati in eredità dal padre, tutti coltivati a primizie. Tra i due fratelli sarebbe scoppiata una violenta lite, l'ennesima, per questioni di spartizione delle aree coltivate.
Durante il litigio quindi Tardino ha estratto una pistola Beretta calibro 9x21 e fatto fuoco contro il fratello Diego, la cognata Alexandra Angela Ballacchino, 40 anni, e i due nipoti Alessia di 15 e Vincenzo di 11 anni. Il piccolo è stato trovato sotto il letto avvolto con una coperta.
L'assassino è poi salito in auto raggiungendo via Mauro de Mauro e esplodendo contro di sé due colpi alla tempia con una pistola a tamburo marca Bernardelli. Entrambe le armi utilizzate nella tragedia erano legalmente detenute. I militari dell'Arma, avvisati dalla moglie, si erano messi sulle tracce dell'omicida con cui avevano parlato anche telefonicamente per convincerlo a costituirsi, ma inutilmente: durante la conversazione, ha rivolto contro di sè la pistola e ha fatto fuoco.
Rintracciato nell'abitacolo, in via Mauro De Mauro, solo dopo che si era sparato alla testa, in primo tempo era stata comunicata la sua morte, poi i sanitari hanno rilevato che era ancora vivo, seppure in condizioni disperate.
Le indagini condotte dai carabinieri della Compagnia di Licata, comandata dal capitano Augusto Petrocchi, sono coordinate dal procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio e dal sostituto Paola Vetro, sul posto insieme al medico legale incaricato delle autopsie, alla Sezione Rilievi del Nucleo Investigativo dei carabinieri e al comandante provinciale, colonnello Vittorio Stingo.
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