Trattativa Stato-mafia, Riina, Berlusconi: la versione del pm Di Matteo
L'inizio della trattativa, i legami con Berlusconi, Riina venduto da Provenzano. Ecco i segreti della trattativa Stato mafia secondo il pm Di Matteo
Attraverso la rilettura della requisitoria del pm Nino Di Matteo durante il processo sulla presunta trattativa tra Stato e mafia è possibile ricostruire la versione del magistrato su un recente pezzo di storia italiana.
MAFIA: PM DI MATTEO, BOSS RIINA PRINCIPALE ARTEFICE RICATTO ALLO STATO
Il boss mafioso Totò Riina, morto lo scorso novembre a Parma, "è stato il principale ideatore e artefice ed esecutore di quel vero e proprio ricatto allo Stato condotto a suon di bombe ed omicidi eccellenti". Lo ha detto il pm Nino Do Matteo iniziando la nuova udienza del processo sulla trattativa tra Stato e mafia dedicata alla requisitoria, che ricostruisce tutta la versione del pm su quanto accaduto in quegli anni. "Successivamente c'è stata una evoluzione della trattativa - dice ancora il magistrato - con la individuazione, sotto l'aspetto del terminale mafioso, di Provenzano, a partire da una certa data in poi, quale soggetto mafioso più affidabile per trattare". Presenti in aula anche i pm Vittorio Teresi, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia.
MAFIA: PM DI MATTEO, RIINA DISSE CHE FU LO STATO A CERCARLO PER AVVIARE TRATTATIVA
Nel 1992 non sarebbe stato il boss mafioso Totò Riina, morto lo scorso novembre, a volere avviare una trattativa con pezzi dello Stato. Ma sarebbero stati esponenti delle Istituzioni a volere dare vita a un accordo per fare cessare le stragi mafiose e non il capomafia. Ne è convinto il pm antimafia Nino Di Matteo che, durante la ripresa della requisitoria al processo sulla trattativa tra Stato e mafia, ha letto la relazione fatta nel 2013 da due assistenti penitenziari del carcere di Opera a Milano sulle parole pronunciate dal boss Riina. Riina disse 'Non mi hanno arrestato i Carabinieri ma Vito Ciancimino e Bernardo Provenzano' - dice il magistrato - E lo stesso Riina ha poi sottolineato, come emerge dalla relazione dei due assistenti penitenziari: 'Non ero io a cercare loro per trattare con loro ma era loro che cercavano me per trattare, io non cercavo nessuno'". Secondo il pm Di Matteo un "riscontro alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Cancemi e Brusca" ma anche del "dichiarante Massimo Ciancimino", quest'ultimo imputato nel processo per concorso esterno in associazione mafiosa.
PM DI MATTEO, RIINA NON SAPEVA DI ESSERE INTERCETTATO IN CARCERE
Il boss mafioso Totò Riina, morto lo scorso novembre, "non era consapevole di essere intercettato nello spazio esterno del carcere" in cui era detenuto. "Se fosse stato consapevole o avesse avuto un sospetto serio, non avrebbe parlato così a lungo e approfonditamente di quasi tutti gli omicidi di cui si è reso protagonista e non si sarebbe vantato, con profili di autoesaltazione che stridono con la purezza del racconto delle stragi e di omicidi eccellenti. Inoltre, non avrebbe parlato tante volte dei suoi congiunti, della moglie e dei figli". Lo ha detto il pm antimafia Nino Di Matteo, proseguendo la sua requisitoria nel processo sulla trattativa tra Stato e mafia, in corso all'aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo. Una replica a distanza a chi sostiene da tempo che il capomafia di Corleone "sapeva di essere intercettato in carcere". Le intercettazioni a cui fa riferimento il pm della Dna sono quelle del 2013 tra Totò Riina e il codetenuto Alberto Lorusso, che sembrava il depositario degli sfoghi e dei propositi di morte del boss. In quelle lunghe ore di conversazioni, tutte registrate dalle cimici del carcere, Riina aveva parlato degli anni Ottanta e inizio Novanta, e del suo odio contro i magistrati, da Rocco Chinnici a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, fino allo stesso Nino Di Matteo e gli altri pm antimafia. E quasi si lamentava, Riina, che gli italiani non condividessero i suoi propositi di morte: "Mi viene una rabbia a me... ma perché questa popolazione non vuole ammazzare a nessun magistrato?", diceva a Lorusso. "Se avesse saputo di essere intercettato - prosegue il pm Di Matteo - Riina non avrebbe parlato così approfonditamente di suo nipote Giovanni Grizzafi e delle aspettative che nutriva rispetto alla prossima scarcerazione di Grizzafi che gli avrebbe permesso di tessere le fila di tante situazioni. Se avesse avuto un serio sospetto di essere intercettato nello spazio esterno non avrebbe mai parlato di beni patrimoniali riconducibili alla sua famiglia. In alcuni momenti delle conversazioni con Lorusso parla di beni che ha nella disponibilità di cui nessuno aveva sospettato".
PM DI MATTEO, NESSUNA TRACCIA DI MANOMISSIONE DEL 'PAPELLO'
"Non c'è nessuna traccia di manomissione sul 'papello' di Riina", l'elenco di richieste che sarebbe stato fatto avere dal capomafia di Corleone a pezzi dello Stato durante la trattativa tra Stato e e mafia. Lo ha detto il pm Nino Do Matteo proseguendo la sua requisitoria al processo sulla trattativa tra Stato e mafia. Tra le richieste avanzate dai boss c'è, "l'annullamernto del decreto legge 41 bis". "Noi - dice il magistrato - sappiamo che queste richieste furono presentate tramite Antonino Cinà a Vito Ciancimino e poi ai Ros prima della strage di via d'Amelio". "Sul documento non c'è scritto 'annullamento 41 bis' ma 'annullamento decreto legge 41 bis' - sottolinea Di Matteo - il che significa che si fa riferimento a un periodo in cui il decreto legge approvato l'8 giugno 1992 non era stato ancora convertito in legge, cosa che avverrà solo l'8 agosto 1992".
PM DI MATTEO, CANALI DI COMUNICAZIONE TRA RIINA-BERLUSCONI-DELL'UTRI
"Erano diversi i canali di comunicazione tra Riina-Dell'Utri-Berlusconi. E' lo stesso Riina che lo racconta mentre è intercettato in carcere senza sapere di essere ascoltato". Lo ha detto il pm Nino Do Matteo, proseguendo la sua requisitoria al processo sulla trattativa tra Stato e mafia. E recita alcune delle frasi intercettate in carcere al capomafia: "Ma noi altri abbiamo bisogno di Giovanni Brusca per cercare Dell'Utri? Questo Dell'Utri è una persona seria...", diceva Riina al codetenuto Alberto Lorusso. E ancora: "...Berlusconi in qualche modo mi cercava... si era messo a cercarmi... mi ha mandato a questo... Gli abbiamo fatto cadere le antenne - diceva Riina in un'altra intercettazione del 2013 - e non lo abbiamo fatto più trasmettere".
CICCHITTO, DA PM DI MATTEO TROPPA FIDUCIA IN PAROLE RIINA
"Secondo il procuratore Di Matteo quello che Riina disse in carcere va preso per oro colato. A parte il fatto che Riina, che era un criminale, ma non un cretino, visto l'ambiente in cui parlava poteva mettere benissimo nel conto di essere intercettato, in ogni caso era un capo mafia autore di terribili delitti che parlava e diceva quello che voleva, certo non l'incarnazione della verità rilevata". Lo afferma il deputato Fabrizio Cicchitto commentando la requisitoria del pm Nino Di Matteo nel processo sulla trattativa tra Stato e mafia.