Un appalto blocca il G7 di Taormina
Si rischia la figuraccia internazionale
Mancano 60 giorni al G7 di Taormina, quando per oltre 48 ore l’Italia sarà la vetrina del mondo, ospitando Donald Trump e il nuovo inquilino dell’Eliseo, gli altri leader del vertice, le loro spose e i loro staff, migliaia di giornalisti e migliaia di addetti alla sicurezza. Mancano 60 giorni ma una delle gare cruciali per far girare la macchina dell’evento, bandita dalla Consip per gestire il sistema di accreditamento e controllo di circa 40 mila persone, è bloccata al Consiglio di Stato.
Prima ancora di cominciare - si legge sul Corriere della Sera - il vertice è finito in tribunale (amministrativo) e alla presidenza del Consiglio, come alla Farnesina, fanno gli scongiuri, perché la corsa contro il tempo rischia di diventare una figuraccia internazionale.
Se non si trattasse di un evento strategico per la nostra diplomazia e per il nostro governo la storia che segue sarebbe (forse) normale. Raramente ormai un appalto non ha una coda di ricorsi, ma in questo caso la gara Consip bloccata è il quarto lotto del bando complessivo per il G7, quello che riguarda il controllo e la gestione del sistema di ingressi, attraverso i badge e i relativi chip elettronici. Per ovvie ragioni di sicurezza ci sono da registrare e controllare circa 20 mila persone che parteciperanno al vertice a vario titolo: dai fotografi ai consiglieri dei capi di Stato, sino ai cuochi; da chi è coinvolto nel programma delle spose (al G7 dell’Aquila erano più di 200 persone) agli autisti (circa 800). E altrettante sono le persone, in questo caso normali cittadini, che avranno bisogno di un badge in quanto residenti nella zona rossa di Taormina.
In sintesi, i dati della vicenda sono questi. La gara ha base d’asta di 600 mila euro, viene assegnata con un ribasso di circa il 38% all’azienda Schema 31 di Roma. Un’altra azienda, anch’essa di Roma, la After — che ha già gestito l’Expo e che da decenni si occupa di questo settore, per Iaff (la Federazione internazionale di atletica) e per il ministero degli Esteri — si ritiene lesa. Ricorre al Tar: perde, ma non si arrende. Fa il passo successivo, eccepisce dubbi e rilievi di vario tipo sul bando Consip, il caso approda al Consiglio di Stato che l’11 febbraio accoglie il ricorso, blocca tutto con un decreto di sospensione della gara.
Per i giudici amministrativi va verificata la correttezza delle procedure Consip, «valutato — scrivono i giudici — se la società Schema 21 fosse effettivamente in possesso dei requisiti» per vincere, anche «in relazione alle pregresse esperienze di accreditamento», e la verifica è ancora in corso. La società è dell’ingegnere Salvatore Manzi, imprenditore che è anche nel Consiglio di sorveglianza dell’italo-francese Stm, ritenuto vicino a Matteo Renzi.
Palazzo Chigi, tramite l’Avvocatura, ovviamente interviene, chiede la revoca del provvedimento, rimarca che esistono ragioni di urgenza massima, ma i giudici di Palazzo Spada rispondono picche.
Lo stallo è anche il frutto di una macchina istituzionale che si è mossa in grande ritardo: basti pensare che il dominio del sito web del G7 da parte del governo italiano è stato registrato solo il 31 dicembre del 2016. Che gli altri Paesi in questi casi si muovono con un anno di anticipo. Che per tanti appalti (dall’asfalto delle strade alle elipiste) i lavori sono in corso con tempi di consegna che arriveranno a ridosso del vertice.
Ma in questo caso il ritardo rischia di diventare un caso: la quinta sezione del Consiglio di Stato si è riunito il 9 marzo, i giudici stanno scrivendo la sentenza, ma hanno fatto sapere al governo (ovviamente in modo riservato) che non è affatto imminente il deposito dello stessa; le ragioni del Paese, e della sua immagine, devono e possono attendere, almeno dinanzi alle necessità del diritto e della motivazione di una decisione che dovrà essere argomentata, evidentemente, con alcune settimane di riflessione.
Peccato che fra pochi giorni partiranno i primi eventi minori del G7 compresi nel bando di gara (9 e 10 aprile a Roma, 10 e 11 aprile a Lucca). E questo mentre Palazzo Chigi scrive nel ricorso che ci vorranno «tre settimane» per far partire il sistema dal momento non di una decisione dei giudici sul caso, ma dalla firma del contratto. E mentre due aziende non sanno ancora se dovranno o meno procedere alla firma e alla fornitura dei servizi. E mentre ancora sia i media che le delegazioni ufficiali, dal Canada e dal Giappone, dalla Francia e dalla Germania, cercano di collegarsi con il sito o con le nostre istituzioni in cerca di risposte, senza riceverle. Di solito, per gli altri G7, a due mesi dall’evento le procedure di cui stiamo parlando stanno per chiudersi, o sono già chiuse.