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Culture
"I Fasciovegani? Un pericolo per la libertà", parla Cruciani
I Fasciovegani (La nave di Teseo, 2017) Credit: Dagospia

Provoca, e lo sa. A partire dal titolo: «I Fasciovegani». E dalla dedica: «Agli animali che ho mangiato. Li ho amati, da vivi e nel piatto. Grazie». Ma c’è anche dell’altro – soprattutto dell’altro - nel nuovo libro di Giuseppe Cruciani (il noto conduttore de La Zanzara, su Radio24). C’è dell’altro nella frase pronunciata da Rosita Celentano, conduttrice e figlia di Adriano: «Mi vergogno di appartenere alla specie umana, avrei preferito essere un animale qualsiasi». O quella da Red Ronnie, dj e produttore discografico: «Chi mangia carne deve pagare una tassa ad hoc, perché si ammala e quindi deve contribuire di più». O ancora quella da Laura Cannata, attrice: «Non voglio avere figli perché l’uomo inquina». O, per finire, quella di Red Canzian, cantante e storico componente dei Pooh: «Ho le scarpe vegane e sono più tranquillo». Perché c’è dell’altro? Perché - scrive Cruciani - «Quando si comincia a pensare che il tuo stile di vita sia, appunto, etico, cioè intrinsecamente dotato di una moralità superiore, mentre tutti gli altri campano o nell’ignoranza o nell’indifferenza di fronte a una strage quotidiana, grande è la minaccia per la libertà». E poi: «I Fasciovegani hanno un obiettivo molto chiaro, molto esplicito quanto pericoloso: forgiare un uomo nuovo, cambiare la mentalità degli esseri viventi nel pianeta, annullare le diversità in nome dell’uguaglianza assoluta tra individuo e animale. In poche parole: rifondare tutto, facendo tabula rasa di un passato di disuguaglianza e massacri». Ne parla con Affari Italiani.

 

 

Hai scritto un catalogo dell’estremismo vegano, un po’ te la cerchi.

«No, non è vero. Non me la cerco. E non è solo un catalogo dell’estremismo vegano. E’ un inno alla libertà di mangiare quello che uno vuole mangiare, e non quello che altri vorrebbero imporre in nome di una Verità assoluta che non esiste».

Metti in guardia dall’aspetto “etico” del veganesimo?

«Ognuno è libero di fare le scelte che vuole, e che più gli piacciono. Ma nel momento in cui si fanno presupponendo un’etica superiore, di conseguenza, e inevitabilmente, tutti gli altri (e cioè chi fa una scelta diversa) vengono collocati su un gradino più basso. Vengono considerati come meno sensibili nei confronti del mondo, inferiori. Di per sé, l’etica vegana è qualcosa di fondamentalista».

Semplificando: potremmo dire che una società a maggioranza onnivora è possibile essere vegani, mentre in una società a maggioranza vegana non sarebbe possibile essere onnivori?

«Sì, certo: può essere un ragionamento corretto. In una società onnivora, aperta e libera, c’è posto anche per chi fa scelte alimentari diverse (senza per questo comprimere quelle altrui). In una futura (e ipotetica) Vegania – come la chiamo io - chi mangiasse carne e tutti  i prodotti di derivazione animale meriterebbe dalla multa fino al carcere. La carne sarebbe proibita, ovviamente. E mangiare carne quasi un delitto. Perché un carnivoro, o un onnivoro, secondo un vegano, ha una duplice colpa: uccidere gli animali e contribuire alla distruzione del pianeta. Non è una cosa così bizzarra immaginare scenari del genere, d’ altronde».

Cioè?

«Già oggi si vorrebbe proibire il coniglio. E se lo si facesse, visto che col proibizionismo, storicamente, nasce anche un mercato illegale, col mangiare un coniglio si andrebbe incontro a una sanzione. O no?».

Spesso di animalismo si parla in termini di statistiche, numeri (e spesso, anzi, statistiche e numeri sono usati strumentalmente). Con questo libro vuoi aprire un dibattito in termini diversi?

«Io ho grande rispetto per chi fa scelte individuali, basate sulle proprie cognizioni. E ripeto: ognuno è libero di organizzare la propria vita come preferisce. Quello che credo non sia ammissibile è il tentativo di prevaricare gli altri e le scelte degli altri con la pretesa di incarnare in sé una Verità assoluta, definitiva (che i vegani considerano l’unica possibile). E tra l’altro: la scelta vegana sul cibo tanto “etica” non è».

Perché?

«Basta approfondire. Pensa all’ananas, che la Appendino vuole introdurre come alimento essenziale nel menù delle scuole torinesi. Oppure alla Quinoa. Coltivarli comporta delle conseguenze certamente non “etiche” per l’ambiente. Ecco: quando si impugna l’arma dell’etica innanzitutto bisognerebbe verificare se da alcuni cibi poi non derivino danni maggiori di quelli che si vorrebbero prevenire. Ma insomma: il punto è l’utilizzo della parola “etica”».

Un utilizzo sbagliato.

«Nello stato Etico, che pensavamo di aver superato, si sa come si comincia (con piccoli divieti, per esempio) ma non dove si va a finire».

 

 

twitter11@Simocosimelli

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