Culture

Luca Zingaretti ospite al Cinema Gabbiano di Senigallia per presentare “La casa degli sguardi”

Zingaretti è attore e regista nel film tratto dal romanzo di Daniele Mencarelli

di Chiara Giacobelli

Cinema Gabbiano di Senigallia al completo nella sala grande con galleria e anche in quella più piccola per la prima proiezione di La casa degli sguardi, che giovedì 3 aprile ha visto ospite in sala l’attore e regista Luca Zingaretti. Il film, davvero molto ben fatto anche perché non scade in facili sentimentalismi nonostante le tematiche forti, giocando anzi con una piacevole ironia, è da poco uscito nelle sale e segna l’esordio alla regia di un attore che tutta Italia ama e conosce per la sua interpretazione di Montalbano. Zingaretti è però è ben altro, sa fare molto altro, e lo ha dimostrato in questo lungometraggio tratto dall’omonimo libro La casa degli sguardi di Daniele Mencarelli, uno dei migliori scrittori italiani contemporanei che noi di Affaritaliani.it abbiamo intervistato più volte.

 
 

Prodotto da Lucy Red, il film vede nel ruolo del protagonista Marco – per tutti Marcolì – il giovane Gianmarco Franchini, mentre lo stesso Zingaretti veste i panni di suo padre. C’è in qualche modo in tutta l’opera un richiamo continuo alla serie televisiva Tutto chiede salvezza, in quell’ambientazione romana e nel racconto degli ultimi, nella diffidenza iniziale che poi diventa amicizia e solidarietà, nei problemi con l’alcol o la droga, nonché nel tema della malattia psichiatrica. Ma questa è anche la cifra stilistica di Daniele Mencarelli, che ha raccontato la sua personale esperienza in una sorta di trilogia edita da Mondadori; pertanto, chi ha letto e amato i suoi libri non potrà che riscontrare inevitabilmente un filo conduttore. Per il resto, Zingaretti mette la sua firma in modo chiaro e deciso, dando vita a un film complesso per tematiche e per livello di emotività da portare sullo schermo: il risultato, grazie anche alla sua squadra, è ottimo.


 

Ad intervistare Zingaretti nelle sale del Cinema Gabbiano, davanti alla folta platea, la giornalista Laura Mandolini, a cui il regista si è subito rivolto con entusiasmo ed emozione spiegando il perché della sua felicità: “Dai 3 ai 13 anni i miei nonni abitavano da queste parti, a San Marcello, e io ero solito fare tutte le vacanze estive a Senigallia. Ho passato degli anni meravigliosi qui, che non dimenticherò mai”.  
La casa di cui si parla tanto nel libro quanto nel film è quella metaforica e acquisita dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, cornice di gran parte delle scene. È infatti qui che il protagonista Marco, un ragazzo di ventitré anni con problemi di alcolismo a causa della perdita della madre, viene spedito per iniziare a lavorare in una cooperativa che si occupa di pulizie.


 

Marco ha un mal di vivere perché è molto sensibile, talmente sensibile che una parte di lui si esprime nello scrivere poesie – ha spiegato Zingaretti a proposito del suo protagonista – È talmente bravo e dotato che alcune sue poesie, nonostante la giovane età, sono già state pubblicate in riviste specializzate. E tuttavia il mondo, con le sue difficoltà, gli risuonare dentro in maniera eccessiva. È per questo che ha bisogno di anestetizzarsi bevendo”.
Ma La casa degli sguardi è anche altro, sempre restando sul tema della casa. “Ho deciso di mantenere lo stesso titolo del romanzo perché sia a me che ai miei sceneggiatori piaceva dedicare un po’ idealmente questo film a tutte quelle persone che hanno ancora la forza di guardarsi negli occhi. Oggi per farlo ci vuole veramente coraggio, quindi questa mia opera prima è dedicata a tutti coloro che si sforzano di capire chi si è e al contempo chi sono coloro che ci stanno davanti, trovando la forza di prendersene cura”.

Per chi non avesse letto il libro e non avesse ancora visto il film, alcune nozioni di base. Il romanzo di Daniele Mencarelli è parzialmente autobiografico e molto intenso, in quanto racconta un periodo cruciale nella vita dell’autore, alle prese con un malessere profondo e un senso di smarrimento che lo porta sull’orlo del baratro. Ambientato a Roma, vede appunto come protagonista un aspirante poeta tormentato da una sensibilità estrema, incapace di convivere con il mondo che lo circonda.
Dopo anni di dipendenze e disperazione, trova un lavoro in una cooperativa che si occupa della pulizia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù; in quel luogo di sofferenza e miracoli, a contatto con il dolore innocente dei bambini malati e delle loro famiglie, avviene un cambiamento radicale. Mentre pulisce stanze e corridoi, il protagonista si apre infatti alla possibilità di una redenzione attraverso la compassione e la condivisione. La forza dello sguardo altrui diventa la chiave per ritrovare sé stesso.
Libro e film sono quindi innanzitutto una riflessione profonda sulla fragilità umana e sulla possibilità di rinascita attraverso il contatto autentico con il dolore e con l’altro.


 

“Volevamo che questo film fosse un po’ intriso di una cosa che ultimamente scarseggia, anzi dopo la pandemia è quasi sparita, ovvero la tenerezza, cioè la capacità di prendersi cura dell’altro – ha spiegato ancora Luca Zingaretti nella sala del Cinema Gabbiano, davanti a centinaia di persone – È però anche il racconto di una classe sociale, ovvero la working class, che se è stata molto indagata all’inizio del secondo dopoguerra, specie dal Neorealismo, in seguito è stata invece dimenticata. Io sono tornato a dare voce a quella gente là, gente meravigliosa che magari arriva a fine mese con fatica, ma è fiera di averlo fatto e soprattutto possiede sia un senso etico che una cultura inaspettata”.


 

Infine, il ricordo a Suso Cecchi D’Amico, a suo parere la più grande sceneggiatrice d’Italia su cui Zingaretti ha anche realizzato un documentario. Suoi gli insegnamenti più preziosi: “Se devi tradurre un libro in immagini, allora devi necessariamente tradire un po’ quel libro, perché si tratta di due codici talmente diversi che se non lo fai, se cedi alla tentazione di restare fedelissimo alla trama, il film non funzionerà. Ciò che conta davvero è restituire lo spirito più profondo del libro”. Senza dubbio Luca Zingaretti ci è riuscito bene, anche grazie agli ottimi interpreti che ha saputo scegliere.