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Culture
Manuela Ventura (Questo nostro amore 80): "Nella vita sono come Teresa"

 Chi è veramente Teresa Strano nella vita reale? Molti telespettatrici si sono sicuramente immedesimate in questa simpatica e solare donna del sud e la seguono serie dopo serie. Per capirlo Affari Italiani ha intervistato l'attrice catanese Manuela Ventura, ancora una volta protagonista della fiction Rai "Questo nostro amore 80", che è molto legata al personaggio che l'ha resa popolare al grande pubblico. La ricordiamo sin dal debutto della prima serie la signora Strano, moglie-madre siciliana emigrata a Torino negli anni del boom del Belpaese. E' la signora della porta accanto Teresa che si affaccia al mondo emancipato e più moderno con il pudore e la paura di mostrare persino la propria femminilità, a far breccia nel pubblico del piccolo schermo. 

Hai esordito nel cinema d'autore a 16 anni con "Volevo i pantaloni" che ne pensi del cinema italiano? 
Un bel ricordo, la regia era di Maurizio Ponzi, io ero insieme ad una mia amica d'infanzia, ci sembrava tutto incredibile e molto divertente, ricordo che tutta la mia scuola mi accolse con un applauso dopo la visione del film. Il cinema italiano è stato ed è un grande cinema, con la sua dimensione, la sua provenienza e la sua visione. Ho avuto la possibilità in questi anni di trovarmi su set diversi tra loro, penso ad esempio ad Anime Nere e Quo Vado, ogni occasione è stata un'esperienza unica, una grande preparazione dietro ma al tempo stesso la possibilità di trovare quello spazio per l'intuizione, la creatività, il confronto, l'indugio se vuoi, che mantengono il fermento e l'estro vivo durante il lavoro nonostante i tempi sempre più veloci. Ultimamente le scelte del nostro cinema appaiono diversificate, film che focalizzano l'attenzione sulla dimensione sociale con temi come l'immigrazione o il precariato, per esempio oppure un cinema di genere molto interessante così come le commedie degli ultimi anni. Forse il problema oggi è nella relazione con il pubblico, cioè la vita del film in sala, il cinema non ha la stessa attrattività di un tempo che lo rendeva un'esperienza unica e desiderata. Per me l'esperienza della sala al buio davanti ad un grande schermo è ancora un momento necessario, di sogno.

Teatro, cinema e tv. Qual è la tua passione? 

La mia passione nasce da lontano, come spettatrice a teatro. Lì, mentre ero seduta su quelle poltrone in platea, è nato l'amore. Ho cercato dunque di seguire quell'intuizione e la mia formazione è stata teatrale, mi sono, infatti, diplomata all'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica "Silvio D'amico" di Roma e poi ho continuato. Il cinema e la televisione sono arrivati dopo ma li ho vissuti con altrettanto interesse. Non so se ho una preferenza, sono linguaggi diversi pur tuttavia nascono da una necessità comune, raccontare la vita, creare una visione, sognare, attingono spesso l'uno dall'altro, si influenzano. L'arte del teatro è nella sua relazione primaria ed esclusiva con il pubblico, può divenire forte partendo proprio dalla presenza in un rapporto che avviene dal vivo, uno scambio "in diretta", fatto di quell'istante del qui e ora in cui accade il mistero e l'irripetibilità. Per il cinema o la televisione, la relazione è diversa, sicuramente diretta e viva con il regista e il cast artistico e tecnico che segue il set, ma il "pubblico", mentre si gira, è la macchina da presa, il racconto, l'emozione passano attraverso un primo o un primissimo piano, l'inquadratura, le luci, il montaggio. Per un'attrice riuscire a fare esperienza con i vari tipi di linguaggio è davvero interessante.


Sei un'attrice italiana che ha lavorato in un cast internazionale diretta da Ridley Scott. Hai altri progetti negli States?

Ho lavorato al progetto della puntata pilota di una serie tv , dal titolo "The Vatican", con la regia di Ridley Scott, progetto nel quale interpretavo una cuoca del Vaticano, Natalie Cesca. Abbiamo girato in realtà a Roma con un cast stellare e con la presenza carismatica di Ridley Scott dietro la macchina da presa. Mi ricordo ancora la prima giornata sul set, la prima scena con Ewen Bremner mentre armeggiavo in cucina sbattendo le uova (al primo ciak un uovo mi si frantumato tra le mani) e l'altra con Kyle Chandler al quale consigliavo un ottimo piatto da assaggiare. Poi il progetto non è andato avanti e al momento non ho in previsione di fare viaggi oltreoceano per lavoro, ma mai dire mai.

Teresa è una siciliana che emigra a Torino, anche tu hai lasciato la tua terra. Quanto ti sei immedesimata? 

Teresa è una donna del sud, emigrata a Torino alla fine degli anni 60 per ricongiungersi, con tutta la famiglia, al marito Salvatore. Storie di emigrazione, di viaggi della speranza, per cercare un futuro migliore, un lavoro. E' stato così per i miei nonni, l'hanno fatto i miei genitori, fa parte di quel meridione dal quale io stessa provengo. Teresa è un personaggio a cui viene data una sorprendente possibilità di cambiamento, un ruolo che mi ha permesso di utilizzare sfumature diverse. In lei ho ritrovato quella riservatezza e quella determinazione, in perfetto equilibrio, che fanno anche parte di me. Poi la grande curiosità e ironia che anima questo personaggio che adoro, una donna che senza troppo timore va incontro alla vita, con la giusta dose di coraggio e semplicità che spero continui ad essere la chiave di relazione con il pubblico. 

La fiction parla di solidarietà femminile ed emancipazione. Com'è oggi il rapporto fra donne soprattutto sul lavoro? 

La famigerata parità non è una questione numerica o di mere percentuali, ma di opportunità, occasioni, bilanciamento, considerazione. Perché ancora oggi le donne devono ri-vendicare? Cosa siamo tenute a dimostrare? Quali esami dobbiamo superare? Ognuno, con le proprie preziose differenze e diversità, ha diritto a uno spazio e un ruolo, senza dover chiedere il permesso ed avere concessioni e quote variopinte. Oggi certamente la situazione è assai migliorata, non foss'altro perché se ne parla sempre più apertamente, ma è certo che ancora si fa fatica ad ottenere ciò che sarebbe un diritto, prima ancora la normalità. La speranza è che le possibilità aumentino, che le donne non siano costrette soprattutto al lavoro, a doversi sentire scomodamente in competizione tra loro per questioni di appartenenza ad un genere e non piuttosto per le singole capacità, che le donne non siano continuamente costrette a puntualizzare, difendersi.

La fiction parla di solidarietà femminile ed emancipazione. Com'è oggi il rapporto fra donne soprattutto sul lavoro? 

Nella fiction il rapporto fra Teresa Strano ed Anna Ferraris è motore di tanti cambiamenti, un rapporto che ci permette di parlare di solidarietà femminile, di comprensione e di sostegno tra donne. 
E' lo stesso rapporto che vivo nella realtà con le colle. Questo è uno degli argomenti che ha avuto maggiore risalto nel racconto di questa serie e sono felice che Teresa sia stata scritta anche per questa funzione. La famigerata parità non è una questione numerica o di mere percentuali, ma di opportunità, occasioni, bilanciamento, considerazione. Credo che uomini e donne, ognuno con le proprie preziose differenze e diversità, abbiano diritto a uno spazio e un ruolo, senza dover chiedere il permesso ed avere concessioni e quote variopinte. Oggi certamente la situazione è assai migliorata, non foss'altro perché se ne parla sempre più apertamente, ma è certo che ancora si fa fatica ad ottenere ciò che sarebbe un diritto, prima ancora la normalità. La speranza è che le possibilità aumentino, che le donne non siano costrette soprattutto al lavoro, a doversi sentire scomodamente in competizione tra loro per questioni di appartenenza ad un genere e non piuttosto per le singole capacità, che le donne non siano continuamente costrette a puntualizzare, difendersi. 

Il rapporto con le colleghe sul set e nella vita?

Finora nelle mie esperienze sul set il rapporto tra colleghe è sempre stato sereno, con un confronto spesso sul lavoro da fare , sulle scene da girare. Sicuramente uno dei più belli è proprio quello nato sul set di Questo nostro amore con Anna Valle, una donna e un'attrice che stimo molto, la complicità che si è creata tra i due personaggi Teresa ed Anna, si è trasferita con molta naturalezza nella vita di tutti i giorni, è un piacere quando riusciamo a rivederci , un'amicizia bella oltre il piccolo schermo.


Quali sono le novità di questa terza serie? 

Questa nuova stagione porta con sé varie novità. Cambia la regia, affidata ad Isabella Leoni. Cambiano alcuni dei personaggi e ne arrivano di nuovi, cambiano le case, i luoghi. Faremo un viaggio nel tempo, un salto di dieci anni rispetto alla serie precedente. Ritroviamo i protagonisti nella prima puntata ancora nel 1971, per cui avremo modo di vedere il pancione di Teresa Strano in attesa del quinto figlio e poi entreremo negli anni 80, precisamente 1981. Dunque l'inizio di un nuovo decennio con nuovi arrivi, partenze e soprattutto ritorni improvvisi, saremo dentro un racconto in cui si alternano armonie e discordanze, in cui alcune certezze vengono messe in crisi, ognuno affronterà degli aspetti più intimi con se stesso, nasceranno nuovi amori e altri traballeranno. Attraverso i microcosmi familiari racconteremo i cambiamenti di quegli anni, storie che saranno lo specchio della società del tempo, racconteremo l'amore come sempre grande protagonista della serie. 

C'è un' attrice icona alla quale ti sei ispirata? 

Non credo di saper scegliere, inizierei un elenco infinito. Ci sono tante meravigliose attrici che per me sono state un esempio, ma non con la finalità di un'imitazione, bensì come spunto e stupore, come stimolo per trovare una propria originalità e ricordare in piccola parte le grandi prove di donne che hanno fatto la storia del cinema italiano e straniero così come del teatro. Attrici che per ironia e umanità profonda o per sottili follie o pregiatissime imperfezioni hanno impresso occhi lacrime e risate sul piccolo e grande schermo, hanno fatto emozionare intere platee. Sarebbe bello ci fosse maggiore spazio per i ruoli e le storie al femminile. 


Il tuo sogno nel cassetto?

Nei mie cassetti c'è troppa confusione, alcuni non li apro da tempo, a volte mi concedo un momento più intimo e tiro fuori ricordi o frammenti di un discorso lasciato aperto, i sogni non so dove li metto, a volte provo a portarmeli in tasca per sentirli tra le mani, sono quelle cose piccole, semplici, come scartare una caramella che ti ritrovi nel giubbotto, ma a volte non c'è il tempo di farlo, prendere grandi boccata d'aria e di tempo, riempirsi di abbracci e di parole scambiate, trovarsi a ragionare su un set o durante le prove di uno spettacolo su dove si trova questo mistero, l'emozione, la poesia, la comprensione, le relazioni, ecco avere il tempo di sognare e poterlo fare con chi amo e con il mio lavoro è un mio sogno.

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