Culture
Moccia e il verbo "lucchettare"... nel nuovo romanzo la "vendetta" auto-irorica
LA TRAMA DEL NUOVO LIBRO DI FEDERICO MOCCIA, "QUELL'ATTIMO DI FELICITA'"
Nicco è giovane, ironico, spiritoso, perfino profondo.
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Federico Moccia, inventore della "moda dei lucchetti", discusso autore di tanti bestseller (e regista dei film di successo tratti dai suoi libri), è passato alla Mondadori con un romanzo dal titolo "Quell'attimo di felicità", in libreria da domani 28 giugno.
Proprio mentre in un pamphlet firmato dall'irriverente Pippo Russo e dedicato agli errori degli scrittori italiani di successo, l'autore di "Tre metri sopra il cielo" finisce sotto accusa, lo scrittore tradotto in oltre quindici Paesi - e sindaco di Rosello (Chieti) da poco più di un anno - , torna quindi a raccontare l'amore giovanile. Ovviamente alla sua maniera (nel box a destra la trama del nuovo libro, ndr)...
Nato a Roma il 20 luglio 1963 (sta quindi per compieri 50 anni) Moccia ha pubblicato "Tre metri sopra il cielo", il suo primo libro, a sue spese, nel 1992, con un piccolo editore (Il Ventaglio), ma solo nel 2004 il romanzo diventerà un successo, riproposto da Feltrinelli. Nel 2006 uscirà il seguito, "Ho voglia di te". Nel 2007, poi, arriverà "Scusa ma ti chiamo amore", che diventerà anche film, con Raoul Bova e Michela Quattrociocche. Seguiranno "Amore 14", "Scusa ma ti voglio sposare" e "L'uomo che non voleva amare" (Rizzoli).

Come ha notato Vanity Fair, che ha pubblicato un'interessante intervista a Federico Moccia, in un brano del nuovo romanzo lo scrittore propone un'auto-ironica auto-citazione (definiamola così...) legata alla moda dei lucchetti, che per scelta della XX Circoscrizione romana sono stati tolti da Ponte Milvio: "Di fronte a quella che reputo un'ingiustizia, mi sono presa una piccola soddisfazione...", ha dichiarato al settimanale. Qui di seguito Affaritaliani.it propone, per gentile concessione della Mondadori, proprio il capitolo tratto da "Quell'attimo di felicità" in cui, in un dialogo, Ciccio (uno dei protagonisti) si lascia scappare: "Ahò queste si vogliono lucchettare con noi, e vai! Grande Moccia... Stasera si scopa!"...

Capitolo 19
Ann e Raily camminano davanti a noi, mano nella mano. Ogni tanto Ann si stacca e si ferma a guardare qualche vetrina. Raily la raggiunge, allora Ann indica qualcosa e Raily annuisce. Via della Scrofa, l’Isola del Sole, il Pantheon. Si guardano in giro illuminate dal passato di Roma, da quelle facciate, da quelle chiese, rapite, curiose, ogni tanto indicano qualche monumento e ci dicono qualcosa in inglese. Ma credo che, anche se lo capissimo, non sapremmo rispondere a quelle domande. Ciccio invece sì. «Yes, in one thousand and four hundred...» Loro lo guardano perplesse «Are you sure?» «Yes, like Italian chocolate, is the best.» Allora capiscono che Ciccio è tutta una fregatura, scuotono la testa, sorridono e cercano le vere notizie sulla Lonely Planet. Prendiamo il gelato da Giolitti. Doppia panna, cioccolato e zabaione. Ciccio ci ha costretti tutti agli stessi gusti, una dittatura gustativa. Ann e Raily leccano il gelato a tutto spiano, camminano davanti a noi e non lasciano cadere neanche una goccia. Ciccio ha la mano completamente ricoperta dal cioccolato che si è sciolto, eppure vuole sottolineare la sua scelta. «Allora? What do you think about it? I’m in reason Italian’s chocolate is the best of the world?» Loro annuiscono leccando il cono. «Yes! Yes!» «Eh... yes yes. Come vorrei essere io quel cono!» «Ciccio, guarda che io sono convinto che ti capiscono.» «E va be’, anche se mi capiscono, che c’è di male? È un desiderio... dolce.» E continua a mangiare il suo gelato. Procediamo per via di Campo Marzio dopo Giolitti, passiamo per piazza del Parlamento, vicolo della Lupa, salutiamo alcuni amici di Ciccio seduti al Leoncino. «Qui si mangia bene la pizza.» «What?» Non capiscono. Sul serio. «Here the pizza is very good.» «Yeah... great.» «One day we have to try it...» Guardo Ciccio sorpreso. «Ma allora qualcosa sai...» «Sono tutte frasi di canzoni, solo quelle...» «Ah...» «Però fanno colpo! Anzi, in certi momenti essendo tutte frasi romantiche sono anche le più riuscite.» Giriamo per via Tomacelli. Siamo davanti all’Ara Pacis, poi davanti a Gusto, poi via Ripetta. Ogni tanto qualcuno le avvicina, provano a dire delle frasi carine ma poi se ne vanno. Quando invece non mollano, Ann e Raily si girano verso di noi. «Ciccio, Nicco... please...» Ma non abbiamo neanche bisogno di tirare fuori le mani dalle tasche, qui funziona così, se le hai rimorchiate tu sono tue e basta. Non si litiga, non ce n’è bisogno, ci sono straniere per tutti. E così continuiamo la nostra camminata con queste due splendide ragazze davanti a noi. Mi fa così strano. Ho sempre pensato che solo i bori, con i loro vestiti lucidi, i colletti aperti e giganteschi, le magliette a rete, i giubbotti stretti in vita, le cinture D&G con la fibbia enorme, il cappellino Louis Vuitton o Gucci e le stesse scarpe Fendi, hanno successo con le straniere perché sono colorati, hanno i capelli fatti di gel, il sorriso smagliante, le scarpe da tennis con il carrarmato sotto e il jeans strettissimo con la vita bassa. Ma stasera si è sfatato un mito. Mi viene un dubbio: ma non è che anche noi siamo due bori? Non faccio in tempo a rispondermi, perché Ann mi prende la mano. «Can you take us to that bridge... the one with the love locks?» Non capisco bene di cosa parlino, ma poi Ann indica il lucchetto di una bicicletta attaccata al palo e lancia un’ipotetica chiave dietro le spalle, poi mi guarda sorridendo. «The bridge of love... Everybody in New York is talking about it!» Ciccio allora capisce al volo. «Ahò, queste si vogliono lucchettare con noi, e vai! Grande Moccia... Stasera si scopa!» E così poco dopo siamo a Ponte Milvio. Alcuni ragazzi sono seduti sul parapetto. È pieno di scritte e di birre scolate per metà. Passeggiamo nella penombra dei lampioni. Ciccio tiene Raily addirittura per mano, lei lo ascolta, non sento cosa dice ma è fenomenale: un sacco di cazzate in tutte le lingue del mondo. Ci si avvicina un tipo di colore e subito un altro con un cappellino calato sulla testa. «Hashish, coca, marijuana?» Sembrano quelli al cinema o allo stadio: “Birra, patatine, Coca-Cola...”. Li mandiamo via. Poi Ciccio vede qualcosa, si allontana e torna dopo un attimo. «Ehi, eccoli qua. Tieni, questo è per voi due!» Non so come, ma Ciccio è riuscito a trovare dei lucchetti. «Li ho comprati da quel marocchino lì. Era l’unico che non vendeva fumo! Voleva dieci euro ma ho trattato, me ne devi cinque!» «Ma scusa, quanto li hai pagati?» «Cinque! Ma non ti metto la manodopera!» Ciccio scompare con Raily. Ann alla vista del lucchetto è troppo felice, salta come una ragazzina, lo prende in mano e mi guarda. «Shall we go too?» Mi fa segno con la testa verso il parapetto. C’è una catena sul terzo lampione, l’hanno rimessa da poco. «I’d like to be locked with you, you seem nice, maybe something happened to you because you are a bit sad, but somehow that makes you even sweeter... shall we?» 156 Non ho capito cosa ha detto, ma da come mi guarda deve essere una cosa carina. «Yes.» Dico sempre di sì. Così andiamo al terzo lampione, chiudiamo il lucchetto a una catena, ci giriamo di spalle e buttiamo insieme la chiave nel Tevere. Ann si affaccia subito dal parapetto per seguirne il volo, ma l’ha già persa di vista o forse no. «Yes, there it is!» La indica nel Tevere. «I saw it. So cool!» E tutta felice si gira verso di me e mi dà un bacio sulle labbra. «Great, you are so sweet.» Poi mi prende per mano e passiamo davanti a Ciccio, che naturalmente si è portato avanti. È come avviluppato su Raily, l’ha fatta sedere sul parapetto, la tiene abbracciata e la bacia con passione. Cioè, sta da più di un anno con due ragazze di Roma, si è messo da poco con la diciottenne del pub e ora bacia qui a Ponte una straniera. È oltre qualsiasi mia rosea previsione...
(continua in libreria)