Culture
Mostra di Venezia/ I 10 anni delle "Giornate degli Autori": "In quest'edizione cerchiamo il cinema degli estremi"

I film della selezione ufficiale BETHLEHEM di Yuval Adler KOKSUZ - NOBODY'S HOME di Deniz Akçay MAY IN THE SUMMER di Cherien Dabis LA BELLE VIE di Jean Denizot LA MIA CLASSE di Daniele Gaglianone TRAITORS di Sean Gullette GIOVANI RIBELLI - KILL YOUR DARLINGS di John Krokidas GERONTOPHILIA di Bruce LaBruce ALIENATION di Milko Lazarov RIGOR MORTIS di Juno Mak SIDDHARTH di Richie Mehta LA RECONSTRUCCIÓN di Juan Taratuto |
di Antonio Prudenzano
su Twitter: @PrudenzanoAnton
Dodici i film selezionati, e in più eventi speciali e occasioni di incontro per autori, produttori, distributori e giornalisti. Alla Mostra di Venezia appena cominciata, le Giornate degli Autori (o Venice Days) festeggiano il decennale, ed è quindi il momento di fare un bilancio. Per parlare del passato, ma soprattutto del presente e del futuro di questa rassegna, nata nel 2004 sul modello della prestigiosa Quinzaine des Réalisateurs di Cannes, Affaritaliani.it ha intervistato il delegato generale Giorgio Gosetti.
In un contesto di crisi per il cinema e l'Italia, che ruolo possono avere oggi le Giornate?
"Va fatta una premessa: una rassegna in più oltre a quella ufficiale - com'è il caso delle Giornate - ha senso solo se è in grado di offrire qualcosa di diverso. Nate con Marco Müller, le Giornate in questi dieci anni hanno messo a fuoco un cinema sì d'autore e indipendente, ma anche in grado di raggiungere una nicchia che definirei 'allargata'. Ricordo che a suo tempo, un gruppo di cineasti francesi - 'i 13' - dichiarò che 'il cinema che ci interessa è quello che fa da ponte, non quello che scava il vuoto'. Oggi, finalmente, anche il cinema d'autore è consapevole che esiste solo se ha un pubblico. Per otto anni Müller ha fatto scelte polarizzate, puntando su un cinema molto sperimentale oppure molto spettacolare e glamour; le Giornate sono cresciute perché, invece, hanno lavorato su autori in grado di proporre un cinema 'di mezzo': sì autoriale, ma anche disposto a cercarsi un pubblico. Con tutti i limiti, abbiamo trovato una linea ben definita e apprezzata. Pensiamo al successo di due film come Non pensarci di Gianni Zanasi e Io sono Li di Daniele Segre".
Cos'è cambiato con la direzione di Alberto Barbera?
"Stiamo facendo il percorso opposto, cercando il cinema degli estremi: film di genere, altri più sperimentali... E questo perché ci sembra che la Mostra sia andata a scommettere sul talento autoriale. Noi non vogliamo essere un doppione, ed è per questo che quest'anno apriamo e chiudiamo con due commedie...".
Prima di venire ai film di quest'anno, proviamo a guardare lontano: come sarà il futuro delle Giornate?
"Restano due le nostre stelle polari: capire e valorizzare l'autore oggi, e non limitarci a fare una passerella di film".
Si è parlato molto delle difficoltà di Venezia nei confronti del Festival di Toronto. Anche le Giornate ne hanno risentito?
"Nessuno ci ha detto no perché preferiva Toronto, con cui tra l'altro abbiamo un filo diretto. Anzi, arrivare a Toronto con il marchio delle Giornate rappresenta un punto di forza".
In questi primi 10 anni per ben quattro volte un film delle Giornate ha poi vinto il massimo premio per gli autori esordienti alla Mostra... Quest'anno qual è il vostro debutto che sorprenderà di più?
"Prima una premessa: abbiamo un pubblico che cambia sì di anno in anno, ma che si fida del nostro brand, e che è in grado di sorprenderci. Ieri, ad esempio, è stata molto apprezzata l'opera prima francese di Cherien Dabis. Non era scontato che accadesse. Venendo alla domanda, provo a sorprenderla io: mi ha molto colpito Secchi di Edo Natoli - attore al debutto da regista -, un cortometraggio di 12 minuti. Normalmente non presentiamo corti, ma questo ci ha molto colpito: realizzato in animazione e stop-motion, parla di tre ragazzini secchioni alle prese con l'esame di quinta elementare".
UN E-BOOK PER IL DECENNALE In occasione del decennale, le Giornate hanno realizzato il primo e-book per Ipad e Android mai ideato per un festival di cinema, con immagini, storie, protagonisti e premi. |
Com'è andata l'apertura, con l'opera prima di Paolo Zucca, "L'arbitro", ambientata in Sardegna (un film che può contare su un protagonista come Stefano Accorsi)?
"Il film è stato accolto bene. Tra i nostri mestieri, del resto, c'è quello di scommettere sul nuovo cinema italiano. Si tratta di un debutto con più livelli di lettura. E Accorsi ha dimostrato umiltà, mettendosi al servizio del film".
C'è molta attesa per l'attualissimo meta-film La mia classe di Daniele Gaglianone, con Valerio Mastandrea insegnante-attore alle prese con i problemi di un gruppo di ragazzi extracomunitari che devono imparare l´italiano per avere il permesso di soggiorno...
"Mi sono molto affezionato a questo film. E non vorrei che sfuggisse la dimensione della leggerezza che porta con sé. I temi trattati sono molto impegnativi, ma non mancano momenti in cui si ride. Anche in un film molto amato come La classe (2008), Laurent Cantet aveva trattato temi simili, ma sono convinto che Gaglianone abbia dimostrato ancor più coraggio autoriale".
Prima abbiamo accennato al futuro delle Giornate. Personalmente, è pronto a lavorare all'11esima edizione?
"Il nostro mandato viene rinnovato di anno in anno. Sono consapevole che, prima o poi, per tutti arrivi il momento di lasciare spazio ai più giovani, ma non mi sento né abbastanza vecchio né, tantomeno, abbastanza giovane. Dopo dieci anni, per una rassegna la sfida è rinnovarsi. Le prossime due/tre edizioni saranno cruciali, e mi piacerebbe lavorare a questa fase. Spero di averne la possibilità".

"La mia classe" con Valerio Mastandrea