Culture
Nuovi giallisti: "Debito di coscienza", libro d'esordio del penalista Epifani
Il romanzo, che racconta una misteriosa scomparsa in Valle d'Itria, è l'esordio letterario di un giovane avvocato pugliese, Jacopo Epifani
“Debito di coscienza”, il romanzo d'esordio di Jacopo Epifani, giovane avvocato penalista
“Debito di coscienza” è il primo poliziesco ambientato in Valle d’Itria, nella Puglia centrale: terra collinare di campagne verdi, frazionate dai muretti a secco in distese di uliveti, ficheti e mandorleti, punteggiate da trulli e lamie, gravitanti intorno a ristretti agglomerati di antiche case bianche abbarbicati su colline dalle pendenze dolci e appena sbavati, negli anni del boom economico, in periferie basse e disordinate. Luoghi incantevoli, mete turistiche gettonate. Tale è anche Roccaditria, il capoluogo provinciale fittizio che nel novembre 2019 si ritrova a interrogarsi sulla sparizione di don Vincenzo Serio: uomo controverso, rampollo ormai anziano di una famiglia il cui prestigio è da tempo decaduto, vedovo, reduce da un fallimento imprenditoriale e caduto nella rete dell’usura per essersi invaghito di una giovane domestica straniera. Don Vincenzo non è scomparso di notte ma in pieno giorno: di lui si sono perse le tracce in mezzo al mercato aperto settimanale.
La copertina
Chiamati a svelare la sorte dell’uomo, tre investigatori di provincia: il pubblico ministero Calò, uomo intelligente ma imborghesito nelle aspirazioni e nelle manie, il maresciallo Volpe, assai pigro e un po’ goffo ma dotato di una profonda conoscenza del territorio, e la vicebrigadiere D’Atena, una dinamica trentenne la cui carriera è proiettata verso le direzioni regionali dell’Arma dei Carabinieri. I tre affronteranno vicende e contrattempi di un’indagine penale tra i luoghi, le abitudini e i vizi di un centro di medie dimensioni della Puglia centrale: si impegneranno da subito in una scrupolosa analisi dei luoghi frequentati dallo scomparso, cercheranno informazioni sul suo conto e su quello dei sospettati (dagli archivi della Procura ma anche in piazza), condurranno interrogatori serrati, perquisizioni e inseguimenti tra i campi, acquisiranno e studieranno i filmati delle videosorveglianze private e lì troveranno indizi decisivi per la soluzione del caso. Però, subiranno anche imboscate e riceveranno lettere anonime, saranno condotti su piste false dal pregiudizio e dalla credulità popolari, dovranno vincere le resistenze di una famiglia enigmatica e affrontare una criminalità locale spietata e tentacolare.
Jacopo Epifani ci tiene a presentare il suo romanzo d’esordio come un poliziesco “autentico”, “ortodosso” e “realistico”: un’opera nella quale vera protagonista è l’indagine, raccontata senza scadere «nei toni comici e autocaricaturali in cui, come scriveva Giacomo Papi nel suo “Atlante degli investigatori italiani”, spesso scivola la giallistica “di provincia”», vissuta non solo dall’angolo visuale dei tre inquirenti ma anche dalle prospettive dei tanti altri soggetti coinvolti: lo stesso don Vincenzo, sua sorella e suo nipote, un avvocato poco limpido, un contadino poco socializzato, i sospettati.