Culture

THE GAME, di Alessandro Baricco

La recensione

di Alessandra Peluso

Nell’immediata visione della copertina del libro “The Game” di Alessandro Baricco si ha la netta sensazione di abbandono, lascito da regole, spazi, tempi e limiti, di sprofondare in un qualcosa che forse si chiama Terra e forse è propria la nostra.

Di chiara fama Baricco, così “The Game”, uscito da poco e già ai vertici delle classifiche. Perché? Perché si ripone fiducia nell’autore? Si dà per certo che si tratti di un capolavoro? Oppure ricorre quel gioco che lui stesso descrive magnetico, paralizzante proprio come i giochi di un videogame?

Intanto, leggendolo è come se si garantisse un passaggio nell’enigmatico “Cube”, un film di Vincenzo Natali, o in “The game” di David Fincher, l’atmosfera che si respira è inquietante. Si cerca nell’immediato una via d’uscita. Trascorrono i minuti, le pagine si divorano, ma il gioco non può essere tra me e l’altro che è in me, si devono coinvolgere gli altri: quelle relazioni intersoggettive quasi obbligate tra individuo e società magistralmente spiegate e interpretate dai grandi sociologi e filosofi classici della modernità. Il gioco si fa duro. E ciò che si focalizza in solitudine, lo si estende in un gruppo, che poi forse è lo stesso che ha aiutato Baricco alla realizzazione del romanzo, o meglio di un saggio, ed è al contempo, ciò che per converso si potrebbe estendere al popolo, alla politica, al potere: le tre “p” che cercano di umanizzare l’individuo falsificando le regole, ribaltando i fini e avviando quella che si è soliti definire “rivoluzione digitale”, ma che coinvolge e travolge, senza che nessuno se ne accorga, il mondo contemporaneo.

Dove ci condurrà “The Game” di Alessandro Baricco? In un ‘non luogo’ se non si riesce a comprendere che alla tecnologia il “cogito ergo sum”, oppure il “Sapere aude”, non impone un limite a se stesso, all’umano. Il digitale ha azzerato le distanze e livellato l’individuo a massa. L’individualismo di massa è ciò che si vive come inconsapevoli attori, protagonisti e non, di un pianeta in cui da ospiti ci si è trasformati in dominatori e ora, come tali subiamo, servi di un rompicapo che lo stesso essere pensante, l’uomo, ha creato.  

L’autore sembra che osservi dall’alto, con il suo deltaplano, la nostra Terra e tra mappe, disegni, e addirittura, commentari, la narrazione assume il tono enfatico di un manuale scolastico, o un indirizzario tipo “google map”, affinché tutti, nessuno escluso, comprendano che dalla Grecia classica, all’Umanesimo e all’Illuminismo, sino alla rivoluzione industriale e con l’avvento della macchina di Alain Turing, di strada se ne è percorsa, la questione da rompicapo è: “dove si andrà a finire?”. A “The Game”, a Baricco l’ardua sentenza.

Ed è proprio qui che “The Game” un libro accattivante, risulta conflittuale, pericoloso, drammatico e perciò stesso necessario: è il gioco della vita, la nostra, dove spesso non siamo noi a decidere, ma gli altri, e dall’affascinante scoperta, dall’ultima generazione dell’i-phone, alla certezza della generazione 2.0. Pirandellianamente “così fan tutti”, con un tocco di polpastrello.  

Alessandro Baricco con “The Game” pubblicato da Einaudi, Stile Libero Big, lancia un SOS, un segnale di soccorso, allarme rosso, ascoltatelo: è molto di più di ciò che narra. È l’intricata realtà di un cubo a più facce, dove le verità sono innumerevoli e scoprire quale è quella giusta è il fine e allora, quando lo si capirà sarà la fine.

Game over.