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Diamanti: la banca deve risarcire i truffati, lo stabilisce il Tribunale

Banco Bpm, ecco la prima stangata giudiziaria

E' finita bene per coloro che avevano investito ingenti quantità di denaro in diamanti. Pietre preziose che non rispettavano il loro valore reale. Un inganno che aveva coinvolto anche personaggi noti al grande pubblico come Vasco Rossi e Federica Panicucci. Il provvedimento emesso dal Tribunale di Verona ha messo in rilievo il difetto di informazione corretta, da parte dell’Intermarket Diamond Business, circa le varie componenti del prezzo di acquisto dei diamanti.

Il Tribunale quindi dà ragione ai truffati e la banca deve risarcire. Sentenza che assume un significato storico che crea un importante precedente. La Banca è responsabile per il danno economico subito dai clienti, che hanno acquistato i diamanti in filiale e va condannata al risarcimento.

Diamanti: tra i truffati tanti vip, da Vasco Rossi a Federica Panicucci

Da Vasco Rossi a Diana Bracco, da Federica Panicucci a Simona Tagli. Tutti vip truffati nel mercato delle pietre preziose. Diamanti venduti a prezzi gonfiati rispetto al loro valore reale, con false quotazioni pubblicizzate sui giornali e con l’intermediazione anche di istituti di credito. È il fulcro dell’inchiesta della Procura su una presunta maxi truffa da centinaia di milioni di euro ai danni di risparmiatori, investitori ma anche clienti vip.

Il provvedimento ripercorre l’intera vicenda che ha interessato tantissimi risparmiatori, coinvolti nel recente crack della Intermarket Diamond Business S.p.A. (IDB), la società che vendeva le pietre, a scopo investimento, attraverso gli sportelli di alcune importanti Banche italiane.

Il Giudice - dato atto delle precedenti pronunce dell’Antitrust e del TAR Lazio - ha messo in rilievo, con inciso condivisibile, il difetto di informazione corretta circa le varie componenti del prezzo di acquisto dei diamanti. Il cliente era del tutto ignaro che il costo complessivo comprendesse solo in (minima) parte il valore reale della pietra e fosse gravato, invece, da una pluralità di oneri accessori: ciò, anche per effetto della pubblicazione da parte di IDB, sui quotidiani economici e sul materiale promozionale, delle cc.dd. “quotazioni”, che - ben lungi dal rappresentare un listino ufficiale - non erano altro che i prezzi di acquisto dei diamanti decisi dalla stessa società venditrice.

È significativo quanto si legge nell’ordinanza: “La rimessione alla sola IDB della definizione dei prezzi di vendita dei diamanti consentiva ad essa anche di fornire una rappresentazione fuorviante dell’andamento di quello che era presentato come il mercato di tali preziosi, volta ad avvalorare la bontà dell’investimento in essi in termini di convenienza e redditività di lungo periodo (nelle brochure prodotte sub e sub 10 dal Banco si affermava, rispettivamente, che era “Un rendimento sicuro nel tempo” e che la sua “quotazione” era destinata ad aumentare naturalmente) e al contempo evitava di dar conto delle oscillazioni di prezzo, che invece vengono oggettivamente registrate dai diversi indici basati sulle rilevazioni di contrattazioni”.