Economia

2020, compagnie di bandiera adieu. Il dumping mortale delle low cost

Le grandi linee aeree europee stentano a reagire alla politica commerciale aggressiva delle “low cost” sul breve raggio e non riescono sempre a trovare una compensazione nelle rotte a lungo raggio, che per quanto più redditizie mostrano coefficienti di riempimento inferiori. Tra l’incudine delle tariffe quasi da “dumping” di EasyJet, Ryanair o Blue Air (fatto che genera perplessità anche presso l’Antitrust Ue) e la minore domanda di voli per Asia e Stati Uniti (anche a causa della concorrenza delle linee aeree statunitensi, degli emirati arabi e cinesi), le major del vecchio continente restano in affanno.

A poco servono bassi tassi sui finanziamenti e un prezzo del carburante su livelli che non si vedevano da anni: entrambi i fattori, infatti, giocano anche a favore delle low cost “pure”, che a differenza delle varie Germanwings, Air Berlin, Vueling o Transavia possono lanciare offerte aggressive senza paura di cannibalizzare il traffico delle proprie controllanti, riuscendo a sfruttare un costo del lavoro decisamente inferiore e forme di utilizzo del personale più flessibile, per cercare di introdurre le quali le ex “linee di bandiera” affrontano ogni volta una dura contrapposizione sindacale che sfocia talvolta in scontri di piazza. Lo ha scoperto a sue spese Air France, che vive una situazione a dir poco curiosa: Air France-Klm continua a volare in rosso (la perdita netta nei primi sei mesi del 2015 è salita a 638 milioni di euro dai 619 dell’analogo periodo del 2014), tanto che il primo ottobre il Cda ha deciso di accelerare i tempi della ristrutturazione puntando a ridurre le attività nel 2016 e nel 2017.

Ma mentre Klm, che ha già ratificato la proposta del Cda, sembra non avere grandi problemi (lo scorso anno il risultato della sola linea olandese è stato positivo per 340 milioni), Air France resta in crisi e la tensione coi sindacati è salita alle stelle, per il timore di nuovi licenziamenti dopo i 15 mila posti di lavoro già persi dal 2008 a oggi. Risultato: Air France (che ha già provato la strada delle “low cost” con Transavia) taglierà anche l’offerta a lungo raggio del 10% tra li 2016 e il 2017, mentre per l’intera Air France-Klm la riduzione sarà solo del 2%, il che vuol dire che Klm taglierà poco o nulla. Tradotto in cifre significa per i colori francesi 14 aerei in meno e 2.900 nuovi licenziamenti (300 piloti, 900 assistenti di volo e 1.700 posti di lavoro tra il personale di terra), il più possibile tramite prepensionamenti e uscite volontarie ma senza che si escludano licenziamenti forzati.

Ma il momento difficile vissuto dalle “major” europee non si riguarda solo il gruppo franco-olandese: persino Lufthansa , che pure può vantare un invidiabile miglioramento essendo passata nei primi sei mesi dell’anno dalla perdita netta di 252 milioni del 2014 a 425 milioni di utile (ma sul risultato ha influito la vendita della quota in Jetblue Airways per 500 milioni), teme che le conseguenze del disastro aereo che colpì mesi fa la controllata low cost Germanwings possano incidere sui conti a fine anno, così come la debolezza dell’euro contro dollaro che tende a compensare i minori costi del greggio.

(Segue...)