Economia

Allevamenti intensivi, ecco perché (per ora) non possiamo farne a meno

di Rosa Nasti

Allevamenti intensivi, violenze sugli animali e lobby: Report smaschera il business crudele della carne, ma al momento non ci sono alternative davvero "green"

"La carne coltivata non può salvare l'ambiente e gli allevamenti sono efficienti a soddisfare l'elevata richiesta europea". L'intervista di Affari alla biotecnologa Nike Schiavo 

La carne coltivata non salverà il mondo dall'oblio degli allevamenti intensivi, o almeno non per ora.  Secondo la biotecnologa Nike Schiavo, interpellata da Affaritaliani.it: "al momento soluzioni non ne abbiamo". Insomma, uno schiaffo in faccia alla ricerca scientifica e una stretta di mano alle grandi lobby della produzione industriale animale.

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Quella dei maltrattamenti inflitti agli animali negli allevamenti intensivi è una crudeltà quotidiana che finisce sulle nostre tavole, eppure al momento tutte le soluzioni che la ricerca propone non sono abbastanza efficienti da annientare questa realtà. La realtà di una politica europea che si professa green, ma che, a quanto pare, agisce aderendo a precise dinamiche di mero interesse economico.

D'altra parte quella della carne coltivata o quella vegetale è una tecnologia ancora agli albori, e al momento non è chiaro se sarà mai conveniente sul piano della sostenibilità economica.  Per chiarire questo punto, Affaritaliani ha interpellato Nike Schiavo, biotecnologa dell'Università di Trento  e presidente di Cell Agriculture Italy.

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Professoressa Schiavo, dopo il boom della pandemia, negli Usa le vendite delle alternative plant-based ai prodotti di origine animale hanno subito una brusca frenata. Come si spiega ciò?

Il settore plant-based è presente sul mercato da molti anni e si basa prettamente su materiali vegetali. Purtroppo è un settore in declino soprattutto negli Usa. Nonostante siano stati fatti passi da gigante, specialmente per quanto riguarda la texture, non abbiamo ancora equivalenti dal punto di vista nutrizionale, olfattivo e gustativo rispetto alla carne tradizionale. Questo ha sicuramente rallentato le aspettative degli investitori ed è svanito l'entusiasmo iniziale.

E sulla carne coltivata? 

Sulla carne coltivata c'erano molte aspettative che sono state disilluse. Basti pensare che la ricerca è nata a inizio anni 2000, il primo hamburger "coltivato" è stato creato nel 2013 e da lì è nato poi tutto l'hype che n'è seguito. Ovvio che l'investitore è rimasto dissilluso credendo che in dieci anni si potesse arrivare a una produzione in larga scala: cosa che non è stata resa possibile da nessuna azienda. Non siamo arrivati a una produzione su scala industriale in nessuna parte del mondo. 

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In Ue siamo ancora molto indietro rispetto ad una regolamentazione della produzione e commercializzazione della carne coltivata, come mai?

In Ue, la regolamentazione sulla produzione e commercializzazione della carne coltivata è una questione delicata. Mentre paesi come gli Stati Uniti, Singapore e Israele hanno approvato il commercio di prodotti di questo tipo, anche se in quantità limitate, l'Europa ha politiche più stringenti sul cibo nuovo ("novel food"). Non si è ancora trovato un accordo sui criteri da seguire prima di mettere tali prodotti sul mercato, e la Commissione Europea dovrà decidere in base alle valutazioni scientifiche e alle autorità regolamentari. Questo processo è ancora lungo e lontano dall'avere reali ripercussioni sul mercato.

Parliamo di allevamenti intensivi. Il documentario 'Food for Profit' svela i terribili retroscena dell’industria della carne. A questo proposito può la carne coltivata, o quella vegetale, essere una valida alternativa in grado di superare questa logica industriale intensiva e distruttiva per l'ambiente?

In Occidente abbiamo un problema: consumiamo troppa carne rispetto al nostro fabbisogno. Di conseguenza, se c'è una richiesta alta come quella che abbiamo in Europa, questo implica la ricerca di soluzioni più efficienti come gli allevamenti industriali o intensivi, che sono soluzioni efficienti. Ma il fatto che lo siano non esclude che abbiano un significativo impatto ambientale e che siano meno etici rispetto altri allevamenti. Allora come sosteniamo la richiesta in maniera sostenibile? Da una parte sarebbe opportuno ridurre il consumo di carne, dall'altra sta rispondendo con altre possibili soluzioni come il plant-based e la carne coltivata, che però al momento non ha le capacità di soddisfare il bisogno globale.

È un'alternativa che deve essere ancora studiata e sviluppata. Ci sono predizioni di varie aziende che  prospettano margini di mercato dal 10 al 30% nei prossimi 50-100 anni, ma sono solo predizioni su quello che sappiamo oggi, supponendo che si possano superare tutti gli ostacoli tecnologici.

Mi sembra prematuro fare stime sul fatto che la carne coltivata possa salvare il mondo, saranno necessarie molte e altre soluzioni che magari tutte insieme potranno contribuire a sfamare l'umanità in maniera più sostenibile. Non penso che la carne coltivata sia il Santo Graal che andrà a rivoluzionare tutto il mondo, sarà solo una parte, ma non è l'unica soluzione, e individuarla come tale sarà riduttivo, restrittivo e inutile. 

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