Economia
"Appalti, riscrivere il codice e bandi pro-Pmi". Ecc come riformare il sistema
La ricetta dell'avvocato Lacerenza che ha stilato un manifesto ad hoc
Un "Manifesto sugli appalti" per dare una spinta alla "semplificazione delle norme in un settore portante dell'economia" in vista della riforma a cui la stavorando il presidente del Consiglio Giuseppe Conte di concerto con il ministro per le Infrastrutture Danilo Toninelli. Lo ha stilato Lucio Lacerenza (nella foto in basso), avvocato con esperienza ventennale nel settore degli appalti che, intervistato da Affaritaliani.it, spiega come "il fallimento del codice preparato nel 2016 sia stato certificato dall'Unione europea che ha aperto una procedura di infrazione contro l’Italia". "In tutto il suo impianto, così com'è nato nel 2016, il codice è nato male", spiega il legale.
Come mai?
"Per una serie di ragioni. La prima è che l'Ue ha chiesto all'Italia di semplificare le procedure amministrative, semplificazione molto attesa dagli imprenditori italiani e che non c'è stata, anche perché una larga parte del codice è inattuata e rimanda a degli atti esterni come i decreti attuativi, che in larga parte non sono attuati, o le linee guida-Anac. Il codice va rivisto interamente".
Gli effetti di un testo carente sono poi un aumento dei contenziosi e una mancanza di crescita del Pil...
"Esatto. Faccio un esempio. Nel 2016 le imprese di costruzioni vantavano crediti dalla Pubblica Amministrazione per circa 8 miliardi di euro, risorse che rimangono nelle casse statali e che non vanno in circolo nell'economia. Se si vuole fare degli appalti una leva della crescita del Pil, gli operatori devono avere a disposizione uno strumento agile, che funzioni e che non zavorri le imprese che per il 99,4% sono Pmi".
Quali sono le priorità? Su cosa dovrebbe intervenire in primis il governo nel mettere mano alle norme che regolano il sistema degli appalti?
"Il manifesto che ho stilato è già organizzato per ordine di priorità. Sotto un profilo generale è importante che il nostro Paese adotti un testo unico degli appalti, un vero codice aprendo il quale la stazione appaltante e l'impresa capiscano che cosa sia lecito fare e cosa no. Allo stato attuale, esiste una pletora di normative che non facilita il lavoro degli operatori, anche perché fa riferimento a norme esterne. Per quanto riguarda invece le pubbliche amministrazioni l'emergenza è sostanzialmente la professionalizzazione delle stazioni appaltanti".
Perché?
"Le stazioni appaltanti si devono adeguare alla conoscenza delle sfide che un nuovo codice degli apppalti impone. E spesso le amministrazioni non hanno gli strumenti e le risorse per fare formazione. Dal lato delle imprese, invece, le direttive comunitarie sugli appalti prevedono un favore per le Pmi".
E cioè?
"La normativa deve favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese agli appalti che devono esser messe in condizione di poter accedere alle gare. Invece, le amministrazioni non sono ancora allenate a scrivere bandi a misura di Pmi, una distorsione a danno di questi soggetti".
All'interno di queste difficoltà, come s'inserisce l'intervento dell'Anac per eliminare la corruzione in un settore dove questa piaga è molto presente?
"L'Anac fa tutto quello che può, una struttura di circa 300 persone che ha ricevuto, soprattutto dal passato governo, una serie di adempimenti maggiori che non riesce a seguire. Il problema del malaffare nel settore degli appalti è legata piuttosto a un codice scritto male ed ambiguo che si presta quindi a forzature e ad aggiramenti come, ad esempio, nella materia dei subappalti".