Apple/ Buffett, BlackRock e i manager: chi vince con la corsa della Mela
Dai manager ai grandi fondi d’investimento, dal “guru” Buffett ad ex dipendenti e piccoli soci, la corsa di Apple ha fatto la fortuna di tanti. Ma non di Gates
Giovedì sera Apple ha superato, prima azienda nella storia, la soglia dei mille miliardi di dollari di capitalizzazione. Se sarà vera gloria o se si tratterà di un abbaglio del mercato è impossibile dirlo, anche se un sospetto viene: lo scorso maggio la Mela ha infatti annunciato un colossale piano di buyback da 100 miliardi di dollari che sostituirà il precedente, ormai concluso, da 200 miliardi.
Come dire che la quantità di denaro distribuito, tra dividendi e buyback, sarebbe supera ormai quanto la società guadagna in termini di utili, cosa che dovrebbe rendere il “giochino” insostenibile e dunque la valutazione vulnerabile a lungo termine. Sulla base delle previsioni degli utili futuri, tuttavia, la valutazione appare ottimistica ma non ancora “irrazionalmente esuberante”, sempre che la Mela non sbagli drasticamente un modello di smartphone o un qualunque altro prodotto in futuro.
Corna facendo, per ora gli azionisti della società fondata dal defunto e (sempre meno) compianto Steve Jobs possono sfregarsi le mani: Warren Buffett, ad esempio, socio al 5% circa tramite la sua finanziaria Berkshire Hathaway, ha iniziato a puntare su Apple a inizio 2016 comprando il titolo a 99,02 dollari per poi continuare a rastrellare azioni arrivando ad investire nel complesso oltre 30 miliardi di dollari. Ad oltre 208 dollari la quota vale ora più di 50 miliardi.
Altrettanto soddisfatto è Arthur Levinson: con 1,16 milioni di azioni risulta il principale socio individuale di Apple, del cui Cda è presidente (oltre ad essere il Ceo di Calico), ed ai livelli attuali può contare virtualmente, ma non troppo, su circa 242 milioni di dollari di valore per la sua quota. Tra gli altri “insider” della mela, il Ceo Tim Cook dovrebbe avere poco meno di 901.500 azioni, per un valore di quasi 188 milioni di dollari.
E poi ancora: sempre tra i “top manager” del gruppo, con oltre 460 mila titoli Craig Federighi (manager di origini italiane che Steve Jobs volle dapprima in NeXT e poi responsabile per Apple dello sviluppo del Mac OS e successivamente dell’iOS) ha in tasca poco meno di 96 milioni di dollari, mentre Jeffrey Williams, dal 2015 promosso da Tim Cook al rango di Coo di Apple, possiede una quota pari a circa un quarto di quella di Federighi (poco meno di 123.800 azioni per un controvalore di quasi 26 milioni di dollari e Bruce Sewell (il direttore legale di Apple) dovrebbe detenere circa 114 mila titoli per meno di 24 milioni di controvalore.
Tra gli investitori finanziari, Vanguard, BlackRock e State Street detengono in tutto una quota pari al 15,93% di Apple, per un controvalore complessivo di 160 miliardi di dollari, come dire l’equivalente del totale delle capitalizzazioni di Eni, Enel, Intesa Sanpaolo ed Exor sommate tra loro. Un valore che del resto è proporzionato ai capitali che girano sul mercato finanziario americano: il solo SPDR S&P 500 ETF, un Etf da 274 miliardi di dollari di patrimonio gestito da State Street, ha in pancia 55,8 milioni di azioni per quasi 12 miliardi di dollari.
Anche tra i suoi “ex” Apple resta un investimento molto amato: il caso più noto è quello di John Scully, che nel 1985 come Ceo di Apple licenziò portò lo stesso Steve Jobs (che pure lo aveva assunto solo due anni prima) a dimettersi dal ruolo di presidente e lasciare l’azienda, solo per essere poi costretto a dimettersi a sua volta nel 1993. Sculley ha poi co-fondato MetroPCS (quotata poi a Wall Street e infine acquisita da T-Mobile nel 2013) e dal 1997, col ritorno di Jobs ai vertici della società da lui fondata, tornò ad investire in Apple parte del proprio patrimonio personale.
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