Economia
Bce, i falchi rallentano sulla stretta. Banche centrali meno aggressive
I mercati scommettono che crisi ucraina e l'ulteriore rialzo dei prezzi delle commodity freneranno consumi e normalizzazione sui tassi da parte di Fed e Bce
Possibile che a Francoforte sia rimosso il legame che impone una stretta dei tassi "poco dopo" la fine del Qe
La guerra in Ucraina piomba anche nelle discussioni all'interno della Bce per l'uscita dalle misure espansive. Mentre i mercati scommettono sul fatto che l'invasione nell'est Europa costringerà le banche centrali a frenare sui rialzi dei tassi.
A Francoforte utto sembrava pronto per un'accelerazione della chiusura del quantitative easing nel terzo trimestre e per un primo rialzo dei tassi tra fine anno e inizio 2023. Questo scenario si è tuttavia allontanato, come hanno riconosciuto persino falchi Bce tra cui il governatore austriaco Robert Holzmann e il membro tedesco del board Isabel Schnabel.
"La normalizzazione della politica monetaria potrebbe essere in qualche modo ritardata", ha ammesso Holzmann. "Lo shock della guerra ha offuscato le prospettive di crescita globali2, ha rilevato Schnabel. Così ieri, scrive MF, soprattutto dopo le parole di Holzmann alle 16.20, i tassi dei titoli di Stato decennali sono scesi in misura rilevante, soprattutto quelli dei bond italiani (-13 punti base all'1,81%), ma anche spagnoli (-8 punti base), francesi (-7) e tedeschi (-6 allo 0,17%).
Lo spread ha ritracciato a 164 punti. L'invasione russa complica un quadro che era già difficile per la Bce, alle prese con l'impatto degli alti costi dell'energia. L'ulteriore aumento di petrolio e gas fara' salire l'inflazione nel breve termine, ma ridurra' domanda e crescita, con impatto al ribasso sul carovita nel medio periodo, quello decisivo per le politiche Bce. A dicembre Francoforte ha previsto un'inflazione all'1,8% nel 2023 e nel 2024, ancora sotto l'obiettivo del 2%. Il 10 marzo ci sara' una rivalutazione complessiva dell'economia: la banca centrale sembrava orientata a alzare le proiezioni. Il raggiungimento del 2% aprirebbe la strada alla normalizzazione della politica monetaria.
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