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Economia
Benetton uomo solo, la denuncia una strategia di comunicazione

Caso Benetton, parla Patrick Trancu, crisis advisor: "Management inadeguato, ma non si può dire che Luciano sia stato una vittima"

"Un uomo estremamente solo." Così Patrick Trancu, esperto di crisis management, interpellato da Affaritaliani.it, descrive Luciano Benetton, il cofondatore di Benetton Group che in un’intervista al Corriere della Sera punta il dito contro l’attuale dirigenza del gruppo accusandola di una gestione disastrosa, e colpevole, a suo dire, di un disavanzo di circa 100 milioni di euro.

Il fondatore del gruppo veneto afferma di essere stato tradito: "Qualche mese fa ho capito che c’era qualche cosa che non andava", sottolinea. Accuse pesanti quelle di Benetton in un'intervista che puntava a lasciare il segno. Secondo Patrick Trancu: "L’annuncio in esclusiva fa parte di una strategia di comunicazione precisa che è stata messa a punto per controllare il messaggio prima della presentazione ufficiale dei conti societari". E aggiunge: "oltre all’annuncio dei conti si annuncia l’uscita di scena, il calo del sipario su un'azienda così legata al nome dei suoi fondatori".

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Effettivamente Benetton, che ha da poco compiuto 89 anni, ha dichiarato che lascerà la carica di presidente e, senza nominarlo esplicitamente, ha fatto alcuni riferimenti a Massimo Renon, amministratore delegato dell’azienda, attribuendogli le responsabilità degli attuali problemi economici. Tuttavia, l'impressione è che, sebbene l'intervista riguardi il management, la questione sembri ridursi a contese interne alla famiglia Benetton.

"Dall'intervista emerge una sensazione di grande solitudine, al di là della situazione in sé", afferma Trancu. "Ho percepito un uomo estremamente solo, solo con i suoi errori, ultimo dei quali non aver adeguatamente scelto e poi controllato il management". E aggiunge: "A livello umano, l'intervista mi ha generato una profonda tristezza, soprattutto se pensiamo alla parabola di quest'uomo che è stato uno dei più grandi imprenditori del Paese e una bandiera del Made in Italy nel mondo. Ma gli errori si pagano”.

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Quando gli viene chiesto dove fosse l’errore per essersi affidato a persone così inesperte, Benetton, presidente del gruppo fino al 2012 e di nuovo dal 2018, risponde che i manager "hanno deciso volontariamente di tenere nascosta la realtà dei fatti, omettendo informazioni preziose". È quindi Benetton vittima di un management che ha voluto tenerlo all'oscuro? "Non si può dire che sia stato una vittima, non è una caratterizzazione corretta; se l'azienda porta il tuo nome, sei preposto a vigilare a prescindere dai ruoli", commenta Trancu.

D'altra parte, secondo l'esperto di gestione e comunicazione di crisi, bisognerebbe guardare al di là dell'intervista e riflettere sul passato, soprattutto sul coinvolgimento della famiglia nel crollo del ponte Morandi. Difatti i Benetton, attraverso Atlantia (ora Mundys ndr), erano azionisti di maggioranza della società Autostrade per l’Italia, che gestiva il ponte sprofondato con 43 vittime, e che è stata comprata a caro prezzo dallo Stato (per il 51% da Cassa Depositi e Prestiti) e dai fondi d’investimento Blackstone e Macquarie (49%).

"La verità è che la crisi che ha coinvolto la famiglia Benetton con il Crollo del Ponte Morandi non è mai stata risolta. Già all'epoca mi interrogavo su come la tragedia avrebbe impattato tutto il Gruppo, anche la parte dell'abbigliamento." E conclude: "Possiamo forse ipotizzare che dopo la tragedia di Genova si sia persa lucidità nelle scelte strategiche dell’azienda Benetton commettendo errori ultimo dei quali la scelta di un management inadeguato e la mancata supervisione dei conti aziendali"






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