Economia
Bollorè/ Prisa, Mediaset, M6 e Lagardere: le sette vite di monsieur Vincent
Svalutazioni miliardarie, progetti non decollati, inchieste giudiziarie: Bollorè inverte la parabola discendente e torna protagonista sullo scacchiere tlc-media
Mai dare per finito un vecchio lupo di mare come il finanziere bretone Vincent Bollorè. Il quale, abituato a navigare su tutti gli specchi d’acqua, conosce trucchi e segreti per evitare di affondare. Prova ne sia quanto sta succedendo con il gruppo transalpino Lagardere, che segue gli avvenimenti recenti nelle aule dei tribunali italiani nella lunga querelle con Mediaset.
Data ormai per certa da alcuni osservatori la sua parabola discendende, Bollorè invece è tornato protagonista sui mercati che spesso lo hanno visto in prima linea: telecomunicazioni ed editoria. A fine gennaio con un blitz, Bollorè si è aggiudicato la quota del 7,6% di Hsbc in Prisa, la società che edita "El Pais", il principale quotidiano spagnolo. Mossa che si inserisce allìinterno della strategia di Vivendi di "diventare un leader globale nei contenuti ampliando l’accesso ai mercati di lingua spagnola in Europa, America Latina e Stati Uniti". E sempre nella prima parte dell'anno, il finanziere famoso per i suoi raid in Borsa ai danni delle aziende familiari (chiedere ai Berlusconi) ha messo nel mirino in madrepatria il dossier M6-Rtl, dossier che fa gola soprattutto per la parte radiofonica.
Bollorè, dopo mesi passati a incassare colpi pesanti, inchieste giudiziarie in Africa per corruzione e investimenti miliardari in Italia che con Tim e Mediaset per il momento non hanno portato al decollo del progetto della Netflix del Sud Europa, in una settimana è stato in grado di ribaltare il tavolo. Quando il primo azionista di Vivendi ha ceduto il 60% di Universal Music, l’etichetta che gestisce un terzo del mercato musicale mondiale, in molti hanno pensato che stesse per ammainare bandiera bianca a causa delle imminenti sentenze civili (è attesa ora la parte penale in cui è indagato per aggiotaggio con il Ceo di Vivendi Arnauld de Puyfontaine) con il Biscione.
E invece le cose si sono ribaltate rapidamente con il broadcaster di Cologno Monzese: dei tre miliardi con cui sembrava avrebbe dovuto rifondere la famiglia Berlusconi e gli altri soci, non è rimasta traccia. Il tribunale, infatti, ha chiesto a Vivendi di pagare 1,7 milioni a Mediaset. Noccioline per chi ha un patrimonio personale vicino ai 7,5 miliardi. Non solo, il tribunale di Milano ha anche annullato tutte le delibere del Biscione quando la Simon fiduciaria – il veicolo cui Vivendi aveva conferito il 19,19% del capitale complessivo – non era ammessa a votare in assemblea.
Ma attenzione, perché secondo qualcuno potrebbero cadere anche le delibere sul voto maggiorato dopo la creazione, in Olanda, della MediaForEurope per dare vita al polo continentale dell’intrattenimento. Così uno dei cavalli di battaglia di Pier Silvio Berlusconi rischia di finire nel dimenticatoio.
Ma non basta, perché oggi Bollorè ha incassato un altro punto a suo favore: il gruppo francese Lagardere, proprietaria della casa editrice Hachette, di vari media tra cui Europe 1 e Paris Match oltre che di una catena di negozi negli aeroporti, nelle stazioni ferroviarie e nelle autostrade, ha deciso di trasformarsi in una società per azioni (o anonyme come viene chiamata in Francia) e non più in accomandita. Un passaggio epocale, perché attualmente il controllo assoluto del gruppo editoriale è in mano ad Arnaud Lagardere, figlio del fondatore Jean-Luc, che “governa” con il 7,3% delle azioni.
Un’ottima notizia sia per Bollorè sia per Amber sia per la Lvmh di Bernard Arnault. I tre, infatti, detengono quasi il 70% del capitale complessivo. Con la trasformazione in spa, tutti e tre avrebbero un peso superiore a quello di Lagardere stesso. Le trattative vanno avanti, ma sembra che a Vivendi potrebbero toccare tre consiglieri.