Economia
Btp, in estate possibile tsunami. In arrivo i giudizi sul rating sovrano
Tra il 24 aprile e il 10 luglio quattro date segnate in rosso sul calendario del Tesoro italiano. Ecco perché
Negli Uffici di via XX Settembre, al Tesoro, sono tre le date segnate in rosso sul calendario: il 24 aprile, l’8 maggio e il 10 luglio. Sono i giorni in cui il merito di credito della Repubblica Italiana potrebbe essere rivisto al ribasso dalle quattro agenzie di rating a cui fa riferimento la Bce (e il mercato in generale). La prima data segnerà l’aggiornamento del giudizio di S&P Global Ratings, al momento a “BBB” e per di più con outlook già “negativo”, ossia a rischio di essere ridotto. Si tratta di due gradini (“notch”) sopra il livello critico di “junk” (debito spazzatura), che comporterebbe l’interruzione degli acquisti di titoli di stato italiani da parte di investitori istituzionali (fondi comuni, fondi pensioni, gestori patrimoniali, tesorerie) e della stessa Bce.
L’8 maggio sono in calendario ben due revisioni, quelle di Dbrs, ritenuto il meno problematico trovandosi al momento a “BBB (high)”, tre gradini sopra il junk e con outlook stabile, e quello di Moody’s, maggiormente a rischio dato che si trova già a “Baa3”, appena un notch sopra il junk, anche se sempre con outlook stabile. Infine, in estate arriverà il parere di Fitch, ora a “BBB”, ossia due notch sopra il junk, ma con outlook negativo.
Per essere acquistabili dalla Bce e dai maggiori investitori istituzionali mondiali i titoli di stato italiani dovranno mantenere almeno uno dei quattro rating sopra il livello junk. Il che significa che anche nella peggiore (e meno probabile) delle ipotesi fino al 10 luglio non ci sarà, nonostante inviti in tal senso già giunti da parte di alcuni broker come Commerzbank, alcuna fuga dai Btp italiani. Certo se il 24 aprile S&P inizierà a giudicarli titoli “spazzatura” sul mercato rendimenti e spread potrebbero tornare a salire e questo renderebbe nervosi gli investitori, sia italiani sie esteri.
Secondo gli ultimi dati disponibili a fine 2019 gli investitori esteri risultavano detenere poco più del 35% degli oltre 2mila miliardi di titoli di stato italiani in circolazione, pari ad oltre 700 miliardi di euro, oltre ai 465 miliardi circa in pancia alla Bce (22,8% del totale) che da qui a fine anno, in base alla “capital key” (acquisti in proporzione al peso di ciascun paese nel capitale della Bce, per l’Italia pari al 13,5%) potrebbe comprarne altri 135 miliardi se almeno una delle quattro agenzie di rating non muterà idea sull’Italia.
Per contro la Banca d’Italia possedeva a fine 2019 circa 405 miliardi di titoli (19,8%), le banche italiane poco più di 385 miliardi (18,9%) e gli investitori privati italiani circa 62 miliardi (3,1%). Da qui a luglio se le cose non dovessero migliorare la Bce potrebbe concedere, come ha appena fatto con la Grecia (che per questo vedrà acquistati nel corso dell’anno circa 15 miliardi di propri titoli, per quanto tuttora con rating “junk”), un “waver” per i titoli di stato italiani.
Anche così, gli acquisti della Bce potrebbero non bastare a compensare le vendite che gli investitori istituzionali scatenerebbero non potendo certamente acquistare e quasi certamente neppure più mantenere in portafoglio titoli di rating inferiore a quello previsto nei regolamenti dei singoli prodotti che li detengono attualmente, tanto più a fronte del rischio di un Pil in caduta del 10% a fine anno e di un rapporto debito/Pil che potrebbe superare anche il 160%.
Vendite che a loro volta finirebbero col fare ulteriormente lievitare il costo del debito pubblico, deprimendo le quotazioni dei titoli già emessi ed ampliando gli spread verso titoli “sicuri” come i Bund tedeschi. Temendo questo anche prima del “grido d’allarme” di Commerzbank lo spread Btp-Bund è già salito e le quotazioni dei Btp sono calate da inizio anno.
Lo spread in particolare è passato dall’1,55%-1,65% a cui oscillava a fine dicembre sino ad un picco di quasi il 3%, prima che venissero annunciate le misure straordinarie della Bce e della Commissione Ue che hanno contribuito a farlo ridiscendere attorno al 2%. In parallelo, il rendimento del Btp decennale guida, complici i cali delle quotazioni sul mercato, è salito da un 1,45% di inizio anno a un massimo del 2,98% per poi calare all’attuale 1,51%. Una volatilità elevata che giustifica l’attenzione con cui Via XX Settembre guarda alle tre date cruciali delle prossime settimane.