Economia

Altro che errore di comunicazione, spuntano le mail di Balocco e Cerealitalia che "incastrano" Chiara Ferragni

Nuove e-mail e messaggi WhatsApp tra il personale dell’imprenditrice digitale e di Balocco svelano il malcontento sulla gestione della comunicazione per le vendite del pandoro e delle uova di Pasqua

di redazione

Pandoro-gate, le mail di Balocco e Cerealitalia: "Sulla beneficenza prende meriti che non ha", "le vendite servono per pagare il vostro cachet”

La beneficenza come specchietto per le allodole. Ecco l'accusa che pesa come un macigno su Chiara Ferragni, il suo ex braccio destro Fabio Damato e l'amministratrice delegata di Balocco Alessandra Balocco e il presidente di Cerealitalia-ID Francesco Cannillo. Dal 23 settembre l'imprenditrice digitale dovrà difendersi in tribunale dall'accusa di truffa aggravata e continuata, ma, a brevissima distanza dalla notizia del rinvio a giudizio, emergono nuove e-mail e messaggi WhatsApp tra il personale dell’imprenditrice digitale e quello di Balocco che rivelano il crescente malcontento per la gestione della comunicazione.

Nel dettaglio, come riporta Il Fatto Quotidiano, è stata depositata agli atti un’informativa della Guardia di Finanza di Milano contenente dettagli inediti sulle dinamiche interne delle aziende coinvolte. In particolare, uno scambio interno tra i vertici di Balocco lascia poco spazio ai dubbi. Una dipendente scrive all’amministratrice delegata Alessandra Balocco: "Mi verrebbe da rispondere: 'In realtà le vendite servono per pagare il vostro cachet esorbitante…'". La risposta dell’Ad è altrettanto tagliente: "Hai perfettamente ragione. Si attribuiscono meriti che non hanno, ma il buon Dio ne terrà conto al momento opportuno".

Anche un’agenzia di comunicazione mette in guardia Balocco sui rischi di un’esposizione negativa, facendo notare come Ferragni stesse ottenendo tutta la visibilità positiva dell’iniziativa, mentre l’azienda si stava caricando il peso delle critiche: "Chiara Ferragni si sta prendendo tutto il bello di questa iniziativa e voi tutto il brutto. Alla faccia del nuovo Natale rosa e stiloso, insomma. Fate molta attenzione".

Il problema della comunicazione emerge anche nelle e-mail interne di Cerealitalia, che aveva prodotto le uova di Pasqua a marchio Ferragni. In una di queste si sottolinea come la frase "Acquistate l’uovo per sostenere" fosse fuorviante, perché lasciava intendere che il ricavato fosse direttamente collegato alla donazione benefica. In realtà, l’importo destinato all’associazione Bambini delle Fate (21mila euro più Iva) e quello versato da Balocco all’Ospedale Regina Margherita (50mila euro) erano stati concordati a prescindere dalle vendite.

Lo stesso concetto viene ribadito da Federico Camporese, responsabile nazionale de I Bambini delle Fate, che in una mail all’addetta marketing di Cerealitalia scrive: "Potete utilizzare il nostro logo perché avete scelto di sostenerci come azienda, ma non deve passare il messaggio che l’acquisto delle uova sia legato a una raccolta fondi a nostro favore".

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Ma cosa succede quando scattano le indagini e la Guardia di Finanza bussa alla porta delle società della Ferragni? L'informativa della GdF riporta anche un messaggio WhatsApp che fotografa il panico all'interno del team Ferragni: un vero e proprio piano di ritirata. "Avviso importante. Fabio (Damato, ex braccio destro dell’imprenditrice, ndr) mi ha chiesto di avvisarvi di non andare in ufficio in Tbs, sia noi dell’ufficio sia chi aveva meeting con lui. C’è la Guardia di Finanza e stanno interrogando parte del team". Poco dopo arriva un altro avvertimento: "Ragazzi, anche chi sta andando in Fenice non andate in ufficio. Sono arrivati anche lì, Fabio non vuole che inizino a interrogare tutti".

Insomma, messaggi che lasciano poco spazio alle interpretazioni e che hanno permesso agli investigatori, coordinati dall’aggiunto Eugenio Fusco e dal pm Cristian Barilli, di ricostruire il contesto in cui sono nate le due operazioni commerciali. Un quadro che solleva seri dubbi sulle strategie di marketing della Ferragni, mettendo in discussione (ancora una volta) la narrazione dell’influencer come imprenditrice filantropa.