Economia
Coca Cola-Pepsi, l'orrore del business dello zucchero. NYT: "Donne sterilizzate per non fermarsi mai"
Un'inchiesta del New York Times porta a galla le condizioni disumane vissute dai lavoratori delle piantagioni di canna da zucchero del Maharashtra
Coca-Cola e Pepsi, gli orrori del business dello zucchero. Lavoratori in condizioni disumane in India
Spose bambine, donne sterilizzate e ridotte in schiavitù. Dalla comodità e dal tepore delle nostre case è difficile immaginare tali orrori, ma il lato oscuro delle bibite zuccherate, quelle che beviamo tutti i giorni, è ancora più crudele di quanto si possa credere.
Un’inchiesta del New York Times e del Fuller Project ha fatto emergere le terribili condizioni create in India per accrescere i guadagni delle aziende che vivono sulla produzione appunto dello zucchero, Coca Cola e Pepsi in primis. Nel dettaglio, nella zona del Maharashtra, vige un sistema ben rodato. Soprattutto per le donne. Le bambine, anche prima dei 14 anni, vengono fatte sposare affinché possano lavorare nei campi di canna da zucchero con i loro mariti.
Donne costrette a rinunciare alla propria vita
Esiste anche un vero e proprio contratto dove viene imposto di lavorare praticamente senza orario e senza diritti, per restituire gli anticipi che i datori di lavoro erogano loro per spostarsi nella zona e poter avere una casa, se così si può chiamare, contratto che prevede anche che paghino una multa se si assentano, persino per andare dal medico.
È inoltre molto frequente, se non quasi inevitabile, per le donne ricorrere all’isterectomia. L’operazione chirurgica, atta alla sterilizzazione, si rende necessaria per queste donne in schiavitù, in quanto evita tutte le difficoltà che incombono nel periodo mestruale, in modo tale da non interrompere il lavoro e mantenere il posto. Un rapporto governativo ha rivelato che circa una su cinque delle lavoratrici intervistate nei campi aveva subito un'isterectomia.
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Addirittura, scrive Gambero Rosso, gli intermediari che procurano lavoro alle donne indiane per andare a prestare servizio nei campi di canne da zucchero, prestano i soldi per farle operare facendole così indebitare e costringendole a tornare nei campi solo pochi giorni dopo l'intervento. Basti sapere che i gruppi per i diritti dei lavoratori e l'agenzia delle Nazioni Unite per il lavoro hanno definito tali accordi “lavoro forzato”.
Ma non è una novità. Queste atrocità si perpetuano da tempo. Produttori e compratori di zucchero sono consapevoli da tempo di tale sistema disumano. Consulenti della Coca-Cola, ad esempio, hanno ispezionato le piantagioni e le raffinerie nell'India occidentale nel 2019, documentando che il taglio della canna da zucchero era affidato ai bambini.
Queste informazioni sono state rivelato in un rapporto destinato all'azienda, che includeva un'intervista a una bambina di 10 anni. In un altro rapporto aziendale dello stesso anno, l'azienda ha dichiarato di sostenere un progetto per ridurre gradualmente il lavoro minorile in India. Tuttavia, nonostante gli sforzi dichiarati, la situazione non sembra migliorare.
Lo zucchero del Maharashtra è stato utilizzato per più di un decennio come dolcificante nelle lattine di Coca-Cola e Pepsi. E quest’ultima ha confermato al NYT che uno dei suoi principali affiliati internazionali acquista zucchero da questa regione, avendo appena aperto il terzo impianto di produzione e imbottigliamento.
Comunque, entrambi i colossi delle bibite affermano di avere codici di condotta che vietano ai fornitori e ai partner commerciali l'uso di lavoro minorile e forzato. Promettono di impegnarsi con i loro partner franchising per valutare le condizioni di lavoro dei tagliatori di canna da zucchero e intraprendere eventuali azioni necessarie. Tuttavia, Coca-Cola si è tirata indietro nel commentare una serie dettagliata di domande.
L'Occidente sa, ma se ne lava le mani
Il cuore di tutta questa disumanità si trova nel distretto di Beed, dove la maggior parte della popolazione migrante coinvolta nel taglio dello zucchero è soggetta a sfruttamento. Nonostante le condizioni di lavoro notoriamente dure, gli abusi persistono poiché le grandi aziende occidentali che utilizzano questo zucchero spesso se ne lavano le mani, affidandosi ai fornitori per la supervisione della manodopera.
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Questi fornitori, a loro volta, subappaltano il reclutamento, il trasporto e la retribuzione dei lavoratori, dissociandosi dalle pratiche abusive. Anche se negano ogni coinvolgimento nelle isterectomie forzate, la realtà è che i lavoratori continuano a soffrire incondizionatamente nei campi.
Come riporta Gambero Rosso, non ovunque è così, però. L'India è il secondo produttore mondiale di zucchero e il Maharashtra rappresenta circa un terzo di tale produzione. In altre regioni produttrici, infatti, i proprietari agricoli, reclutano lavoratori locali e pagano loro un salario.
Nel Maharashtra, circa un milione di lavoratori migranti, principalmente da Beed, si spostano per giorni attraverso campi nel sud e nell'ovest dello stato. Durante la stagione di raccolta, da ottobre a marzo, si trasferiscono di campo in campo, portando con sé le loro poche cose. Invece di ricevere un salario diretto dai proprietari, ricevono un anticipo da parte di un appaltatore, che solitamente ammonta a circa 1.800 dollari per coppia o circa 5 dollari al giorno a persona per sei mesi.