Economia
Tim più forte senza la rete: conti solidi e debito in discesa. Il ritorno al dividendo è solo questione di tempo
Il fatturato ha toccato i 14,5 miliardi di euro, in forte aumento i margini, Ebitda, del gruppo, che aumenta dell’8,3% a 4,3 miliardi
Tim vola con i ricavi (+3,1%) e riduce il debito: dal 2026 torna la cedola
Un lunghissimo cda ha rilasciato i conti annuali di Tim, i primi senza la rete di accesso venduta il 1 luglio scorso a Kkr e al Mef per 18,8 miliardi. Ora Tim pensa alla possibile distribuzione del dividendo grazie al debito in discesa a 7,3 miliardi e alla crescita dei ricavi. Il fatturato ha toccato i 14,5 miliardi di euro, in crescita del 3,1% anno su anno, grazie al traino del Brasile (+4,4%) mentre l’aumento è più limitato (+1,5%) nel domestico a 10,2 miliardi di euro. Bene anche i ricavi da servizi di Tim in crescita del 3,4% annuo a 13,5 miliardi di euro, di cui 9,3 miliardi sul domestico (+2%).
In forte aumento i margini, Ebitda, del gruppo, che aumenta dell’8,3% a 4,3 miliardi. Nella divisione Consumer i ricavi hanno toccato i 6,1 miliardi (+0,6%) mentre Tim Enterprise rimane fiore all’occhiello del gruppo in Italia, con 3,3 miliardi di ricavi (+4,1%). In crescita a 4,1 miliardi di euro il valore dei contratti firmati nei 12 mesi, con il contributo del Polo Strategico Nazionale passato da 300 a 520 milioni. Mentre i costi sono stati ridotti di 200 milioni. L'ad Pietro Labriola, incurante di tutte le manovre sul cambio di azionariato che vorticano intorno al gruppo, indica il possibile ritorno al dividendo nel triennio 2026-2028 con una generazione di cassa pari a 2,5 miliardi. La remunerazione potrebbe essere di circa 500 milioni nel 2027 e di 600 milioni nel 2028 mentre nel 2026 la società punta a riconoscere agli azionisti una remunerazione pari a circa il 50% di quanto incassato dalla vendita di Sparkle, ossia 350 milioni.
Quanto al debito è sceso di circa 800 milioni a 7,3 miliardi dal momento della cessione della rete. A contribuire la generazione organica di cassa del secondo semestre e la cessione della partecipazione residua di Inwit. Ora manca all'appello il miliardo di euro che la società deve incassare dal governo per il canone non dovuto del 1998. Labriola ha aggiornato anche i target finanziari che prevedono una crescita annua media tra il 2 e il 3%. Ora restano i rumor sulle grandi manovre in atto da parte dei soci. Cdp infatti potrebbe cedere il suo 10% a Poste in cambio della quota di circa il 3% di Nexi che quest'ultima ha in portafoglio più un conguaglio in denaro. La mossa potrebbe scombussolare i piani di Vivendi che puntava a vedere il suo 23,7% al fondo Cvc che avrebbe poi venduto separatamente i vari asset di Tim.
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Ossia il Brasile, i servizi fissi e mobile (che fanno gola a Iliad) e la parte Enterprise che poteva essere fusa con una società del settore, Maticmind, controllata dalla stessa Cvc. Il governo certamente preferisce vedere Poste nell'azionariato e la vendita dal 10% di Tim da parte di cdp potrebbe favorire in un secondo momento la fusione di Fibercop, ossia dell'ex-rete fissa di Telecom, con Open Fiber che è controllata da Cdp al 650%. Molte sono le ipotesi allo studio e sullo sfondo c'è anche il possibile scontro in assemblea, prevista da Tim per il 10 aprile prossimo, tra Vivendi e gli altri soci