Economia
Coronabond, garanzia anti-tempesta.Perché l’Italia deve portarli a casa
Secondo gli analisti di UniCredit, l'Ue emetterà 750-790 miliardi di euro di nuovi titoli pubblici per superare la crisi
In tutto si tratterebbe di un massimo di 240 miliardi di euro (sui 410 miliardi dell’attuale capacità di finanziamento del Mes) che costituirebbero la precondizione per l’attivazione del programma di Transazioni monetarie definitive (Omt) con cui la Bce potrebbe effettuare acquisti potenzialmente illimitati di titoli di stato dei paesi interessati.
Il debito aumenterebbe, insomma, sfruttando “l’ombrello” della solidità data dalla Bce, ma resterebbe ben visibile a livello nazionale. La seconda alternativa è una crescita dei prestiti Bei come avvenne già nel 2009, in particolare aumentando di 50 miliardi le garanzie che la Bei potrà fornire alle banche per i prestiti erogati alle Pmi europee. Si potrebbero così attivare prestiti fino a 200 miliardi, eventualmente ricorrendo alla Bce per rifinanziare la Bei se dovessero aumentare i costi di rifinanziamento sul mercato di quest’ultima. Il terzo strumento a cui si pensa di ricorrere è un regime europeo di sussidi contro la disoccupazione, che la Commissione Ue cerca da tempo di far istituire sotto forma di fondo europeo di stabilizzazione.
Le risorse potrebbero arrivare a 100 miliardi di euro. La quarta e per ora ultima ipotesi di cui si discute è un fondo temporaneo (di durata tra 5 e 10 anni) di solidarietà (o salvataggio che dir si voglia) che promuova investimenti e ricostruzione di settori indeboliti dalla crisi, compreso il settore medico. E’ la proposta avanzata dal ministro francese dell’Economia Bruno Le Maire ma per ora è la più nebulosa di tutti, non essendo chiaro di quante risorse si sta parlando né il meccanismo con cui i finanziamenti verrebbero erogati. Si tratterebbe comunque di uno strumento distinto dal bilancio comunitario, anche se condividerebbe gli obiettivi strategici della politica industriale europea.
Secondo gli analisti di Goldman Sachs il fondo potrebbe eventualmente utilizzare un veicolo speciale di riferimento, come quelli che alcuni paesi Ue hanno utilizzato in passato. In tutti i casi, quali che siano gli strumenti e le tecnicalità con cui gli aiuti verranno erogati, quello che sta per verificarsi in Eurolandia (ma anche in Giappone, negli Stati Uniti o in Gran Bretagna) è una colossale trasformazione di debito privato in debito pubblico.
Se e quanto questo potrà poi essere sostenibile è materia che al momento nessun economista o analista finanziario si azzarda a dire, confidando al più, come ha fatto intendere l’ex numero uno della Bce, Mario Draghi, che i tassi resteranno per un lungo, forse lunghissimo periodo di tempo sui livelli attuali o poco distanti, ossia sotto zero per i più “virtuosi” come Olanda e Germania, e poco sopra lo zero per i paesi più indebitati e in affanno, come l’Italia. Visto le cifre stimate dagli esperti di Unicredit, c’è da augurarselo, anche se i tassi a zero sono secondo alcuni corresponsabili dello stato di debolezza con cui le economie europee sono entrate in questa fase di nuova violenta (quanto imprevista) crisi economica.
Luca Spoldi