Economia
Coronavirus, torna il problema banche. Moody's abbassa l'outlook
Il film già visto durante la crisi dell'eurodebito. In Borsa -33% dalla scoperta del primo caso di Covid-19 in Italia
Si salvano solo UniCredit, la più internazionale in quanto a collocazione geografica fra le banche italiane, a cui è stato confermato a “stabile” l’outlook e la “pubblica” (il 68,24% è in mano allo Stato) Montepaschi, passata da "positivo" a "developing", in via di sviluppo. Gli altri istituti di credito nazionali invece legati a doppio filo, per business e presenza di Btp in bilancio, a un’economia che secondo l’agenzia di rating Moody’s vedrà “una brusca contrazione” del Pil quest'anno, del 4,5% nel primo e nel secondo trimestre, si sono visti peggiorare le prospettive, ora negative.
Gli analisti finanziari di una delle tre sorelle del merito di credito (oltre a Moody’s, le altre sono S&P e Fitch) hanno abbassato l’outlook sui giudizi sui depositi di lungo termine di quattro banche (Mediocredito Trentino-Alto Adige, Banco Bpm, Bper Banca e Credito Emiliano) e sul rating sul debito senior unsecured di altri cinque (Intesa-Sanpaolo e Banca Imi, Bper, Credito Valtellinese e Mediobanca). Banca Sella, Cassa Centrale Raiffeisen, Credit Agricole Italia e Cassa Centrale Banca invece sono state messe direttamente sotto revisione per un possibile downgrade.
Il film è quello già visto durante e subito dopo la crisi dell’eurodebito del 2011 ovvero economia in contrazione, peggioramento della qualità degli asset finanziari detenuti in bilancio, crescita dei non performing loan, deterioramento della capitalizzazione e più difficili condizioni per i finanziamenti, visto che "l'alta volatilità renderà difficile l'accesso al market funding nonostante le misure aggressive varate dalla Bce per assicurare ampia liquidità”. Con l’effetto di far aumentare il costo della raccolta. Sul bancone degli imputati c’è il cigno nero del coronavirus, shock che comporta il “deterioramento del contesto operativo" e dunque "i rischi al ribasso a questo associati per i profili di credito delle banche italiane”.
Tanto che il blasonato Financial Times si chiede se il settore bancario italiano sia abbastanza forte da poter reggere allo tsunami economico causato dalla diffusione dell'epidemia e al conseguente lockdown. I timori degli investitori sulle ricadute della pandemia, scrive infatti il quotidiano della City, sono particolarmente forti nel caso delle banche dello Stivale, considerando le enormi sfide legate all'elevato livello del debito italiano, che in buona parte è detenuto dagli istituti di credito (circa un quinto dello stock totale).
Si crea così il rischio di "una spirale catastrofica" in quanto il destino dell'economia del Paese e delle sue banche è legato in modo più inestricabile che altrove. Proprio quel legame che nel 2011 con la spirale al rialzo dello spread è emerso in tutta la sua violenza.
"La situazione è disperata", ha affermato l'ex-capo economista del Tesoro, Lorenzo Codogno, secondo cui se non fosse per le politiche della Bce, "l'Italia sarebbe già in default". Se ci fosse un aumento dello spread, "le banche si troverebbero subito in difficoltà”, ha aggiunto l'esperto.
Alcuni economisti ed investitori temono anche che l'introduzione della moratoria per il rimborso dei prestiti da parte di aziende e consumatori colpiti dal virus da parte del decreto cura-Italia aggraverà un problema già esistente, quello dei crediti problematici, la cui incidenza potrebbe ripartire al rialzo. Vanificando anni di sforzi di derisking da parte delle banche tricolori. Che gli istituti del nostro Paese riescano o meno a far fronte anche a questo, dipenderà anche da quanto durerà il problema, ha aggiunto Codogno.
Per altri analisti, i mal di pancia per le banche non finiranno anche quando sarà passata la buriana del coronavirus: in Borsa infatti, gli istituti di credito si troveranno ad essere associati a un rischio Paese dove per l'effetto del massiccio ricorso al deficit spending il rapporto debito-Pil schizzerà a un livello che per Paolo Scaroni, deputy chairman Rothschild Group ed ex manager delle grandi quotate pubbliche italiane, "potrebbe anche avvicinarsi al 200%, come risultato combinato di un Pil che diminuisce e del debito che cresce".
Quindi il mercato che, nel sell-off generalizzato preferisce il cash, non ci ha pensato due volte a liberarsi prima dei titoli delle banche italiane. Dal 24 febbraio e cioè da quando il primo caso di Covid-19 ha fatto capolino a Codogno, nel nostro Paese, l'indice settoriale Ftse Italia Banche ha perso oltre il 33%.
L'andamento a tre mesi dell'indice FTSE Italia Banche (fonte: Borsa Italiana)