Economia
Covid e affitti commerciali: quando si può sospendere unilateralmente la rata?
Intervista all'Avvocato Nicola Ferraro, partner di De Tilla Studio legale, specializzato nel settore
De Tilla Studio legale vanta una significativa esperienza nel settore del diritto immobiliare e diversi sono stati i contributi dedicati alle questioni giuridiche che attengono ai rapporti locatizi emerse a seguito delle limitazioni imposte dal legislatore allo scopo di contenere il propagarsi del virus. Con l’Avvocato Nicola Ferraro, partner dello studio, approfondiamo gli aspetti maggiormente critici che, in seguito alla diffusione del Covid-19, si sono riflessi sulle locazioni commerciali. In particolare va valutato se, e in quali termini, il conduttore di un immobile a uso commerciale sia legittimato alla sospensione del pagamento del canone.
Cosa stabilisce la normativa emergenziale legata al Covid-19 e come si è riflessa sui rapporti locatizi?
Il d.l. 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con modificazioni in l. 5 marzo 2020, n. 13, ha disposto “la chiusura di tutte le attività commerciali esclusi gli esercizi commerciali per l’acquisto dei beni di prima necessità” (art. 1, lett. j), nonché “la sospensione delle attività lavorative per le imprese a esclusione di quelle che erogano servizi essenziali e di pubblica utilità e di quelle che possono essere svolte in modalità domiciliare” (art. 1, lett. n). Ulteriori misure restrittive sono state approvate nel corso del 2020 e hanno trovato applicazione anche nella prima metà del 2021. Misure di contenimento ulteriori, anche in termini di limitazioni alla libera circolazione delle persone, sono state assunte anche a livello regionale. Le misure di contenimento della pandemia disposte ex lege hanno avuto pesanti ripercussioni sulle imprese, sugli esercizi commerciali e, di riflesso, sulla capacità del conduttore di fare fronte alle obbligazioni economiche rivenienti dai contratti locatizi. Sintomatici i casi delle locazioni di locali commerciali funzionali a esercizi che sono stati chiusi d’imperio (bar, ristoranti, istituti di bellezza, palestre, piscine, centri sportivi, sale cinema etc.). Ma il discorso è più ampio fino a investire anche tutti quegli esercizi commerciali la cui attività è stata gradatamente limitata dalle limitazioni alla circolazione delle persone.
Quali sono i provvedimenti legislativi connessi all'emergenza sanitaria che hanno impattato sui contratti di affitto?
In piena emergenza il legislatore è intervenuto (purtroppo) solamente in modo marginale sulla disciplina delle locazioni commerciali in corso. Il d.l. 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. “Cura Italia”), convertito con modificazioni in l. 24 aprile 2020, n. 27, ha stabilito:
- all’art. 91: “il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti” (comma aggiunto all’art. 3 del d.l. 23 febbraio 2020, n. 6);
- all’art. 103, comma 6: “L’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, è sospesa fino al 1° settembre 2020”. Sospensione estesa al 31 dicembre 2020 dal d.l. 17 marzo 2020, n. 18 – cd. “Decreto Cura Italia – convertito con modificazioni in l. 24 aprile 2020, n. 27. Termine che l’art. 13, comma 13, d.l. 30 dicembre 2020, n. 183 (c.d. milleproroghe), convertito con modificazioni in Legge 26 febbraio 2021, n. 21, ha differito al 30 giugno 2021 “limitatamente ai provvedimenti di rilascio adottati per mancato pagamento del canone alle scadenze e (…)”. Il suddetto termine è stato ulteriormente differito fino al 30 settembre 2021 per i provvedimenti di rilascio adottati dal 28 febbraio 2020 al 30 settembre 2020 e fino al 31 dicembre 2021 per quelli adottati dal 1° ottobre 2020 al 30 giugno 2021. L’unica norma che, in maniera esplicita, affronta il tema della riduzione del canone è contenuta nel d.l. 19 maggio 2020, n. 34 convertito con modificazioni con l. 17 luglio 2020, n. 77 (c.d. “Decreto Rilancio”) recante “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”. La quale però si riferisce alle sole locazioni di palestre, piscine e impianti sportivi di proprietà di soggetti privati. Essa prevede il diritto del conduttore alla riduzione del canone mensile, nella misura del 50% del canone contrattualmente stabilito, ma relativamente al solo periodo marzo -luglio 2020, salva la prova di diverso ammontare.
Quindi, il legislatore non ha introdotto nessuna norma che legittimi il conduttore alla sospensione del pagamento del canone?
Come anticipato, quando il legislatore, nell’emergenza pandemica, ha voluto introdurre il diritto del conduttore a chiedere la riduzione dei canoni di locazione, lo ha detto in maniera esplicita. Il che è avvenuto solo per i contratti di locazione di palestre, piscine o impianti sportivi di proprietà di soggetti privati (v. art. 216, comma 3, d.l. 19 maggio 2020, n. 34). Nessuna altra disposizione emergenziale ha autorizzato il conduttore alla sospensione unilaterale del pagamento dei canoni. Ciò vale anche quando l’attività esercitata sia risultata interdetta dai provvedimenti decretati d’urgenza. Pertanto, si è assistito a un susseguirsi di pronunce della giurisprudenza di merito tese a ribadire il principio per cui, anche in costanza di chiusure delle attività commerciali stabilite ex lege, non è consentito al conduttore astenersi dal versare il canone di locazione. In sintesi ciò che è stato dai più rilevato è che l’avere previsto, da parte del legislatore, una serie di misure specifiche a tutela del conduttore, diverse dalla sospensione del pagamento del canone (quali la sospensione dei termini di versamento di alcune imposte; la proroga dei termini di pagamento delle rate di mutuo e dei finanziamenti; la sospensione dei termini processuali), ha imposto di prendere atto che nulla si è voluto disporre in ordine al quantum ed al quando del pagamento dei canoni di locazione commerciale o di affitto di azienda. Per cui, non vi è alcuna norma di carattere generale che preveda una sospensione dell'obbligo di corrispondere i canoni di locazione.
Né l’art. 91 del Decreto Cura Italia autorizza una diversa soluzione interpretativa. Infatti, la norma si limita a introdurre l’assenza per il conduttore di obblighi di risarcimento danni e/o il maturare di decadenze o penali, ma non l’automatica sospensione sine die e/o la cancellazione dell’obbligo di versamento dei canoni d’affitto/locazione.
La autoriduzione del canone del conduttore è, quindi, fatto arbitrario e illegittimo che causa il venir meno dell’equilibrio del negozio, anche, nell’ipotesi in cui tale autoriduzione sia effettuata dal conduttore con il fine di ripristinare l’equilibrio del contratto.
Basti considerare che, in tema di vizi, l’art. 1578 c.c. non dà facoltà al conduttore di operare alcuna autoriduzione, ma solo quella di domandare, all’autorità giudiziaria, la risoluzione del contratto ovvero una riduzione del corrispettivo in quanto il potere di valutare l’importanza dello squilibrio tra le prestazioni dei contraenti è devoluto solamente al giudice.
Avvocato Ferraro, l'autonoma sospensione del canone di locazione non è mai ammessa?
Non essendo stata introdotta una disciplina ad hoc lo sforzo degli operatori del settore del diritto si è concentrato su una interpretazione estensiva (per quanto possibile) delle norme generali già presenti nell’ordinamento.
Così, in punto di vizi dell’immobile locato, va detto che la sospensione totale dell’adempimento dell’obbligazione del conduttore potrebbe dirsi legittima soltanto qualora venisse completamente a mancare la controprestazione dovuta del locatore. Per cui quando il conduttore abbia continuato a godere dell’immobile non può sospendere il pagamento del canone di locazione, perché così mancherebbe la proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti.
Nel caso delle limitazioni imposte dalla normativa emergenziale non vi è però dubbio che il conduttore ha continuato a rimanere nella disponibilità dell’immobile locato, ancorché da esso non abbia potuto trarre l’utilità sottesa alla stipula del contratto.
Tuttavia, vi è un’altra norma del codice civile (art. 1460 c.c.) che autorizza la parte di un rapporto di durata a rifiutare l’adempimento della prestazione a cui la stessa è tenuta quando l’altra parte non adempia alla propria. Il rifiuto non deve però essere contrario a buona fede. Vi è buona fede quando esso è proporzionato all’offesa ricevuta.
Nel caso della locazione commerciale, la sospensione del pagamento del canone risponde al criterio di buona fede quando è proporzionale all’inadempimento del locatore, per cui quando il conduttore permane nella detenzione dell’immobile ma in una situazione contraddistinta da un adempimento inesatto del locatore, la sospensione del pagamento del canone è legittima se parziale, in quanto proporzionale all’altrui mancanza. In questi termini potrebbe essere interpretata la decisione assunta da Trib. Roma il 15 gennaio 2021 che, partendo dalla considerazione che quando il legislatore emergenziale ha voluto introdurre la possibilità di una rinegoziazione del contratto di locazione ovvero una sua riduzione del canone lo ha fatto esplicitamente (il riferimento va alla locazione di palestre, piscine o impianti sportivi di proprietà di soggetti privati contenuto nell’art. 216, comma 3,d.l. 19 maggio 2020, n. 34), ha precisato che per gli altri rapporti di locazione non concernenti palestre, piscine o impianti sportivi di proprietà di privati deve ritenersi che l’art. 3 del d.l. 23 febbraio 2020, n. 6 non avendo disposto alcun abbuono o riduzione definitiva dei canoni consente unicamente di ritenere (in una sua larga interpretazione) “temporaneamente giustificati i mancati o ritardati pagamenti relativi ai canoni di locazione” non pagati e maturati durante le restrizioni della normativa anti Codiv-19, fermo restando l’obbligo di pagamento di detti canoni alla cessazione della misura restrittiva.
Quindi, l’eccezione di inadempimento mai potrà avere effetti liberatori ma solo sospensivi. Conclusivamente, in costanza della normativa emergenziale, che impedisce al conduttore di pienamente godere della utilità economica del contratto di locazione, l’eccezione di inadempimento potrebbe essere rimedio attivabile sempre che, però, la sospensione del pagamento appaia giustificata, in ossequio all’obbligo di comportarsi secondo buona fede, dall’oggettiva proporzione dei rispettivi inadempimenti.
Quali sono state le pronunce della giurisprudenza d'urgenza a favore del conduttore?
Le prime pronunce di merito sono andate nella direzione di tutelare il conduttore, soprattutto contro richieste di incasso di quei titoli che erano stati rilasciati, al momento della conclusione del rapporto, a garanzia del pagamento nel canone:
- Trib. Verona, con ordinanza in data 1° aprile 2020 (r.g.n. 3071/2020) ha inibito alla banca garante di pagare quanto richiesto dalla locatrice, a titolo di canone locatizio, a fronte della escussione della fideiussione a suo tempo rilasciata e ordinato allo stesso istituto di credito di non rivalersi nei confronti della conduttrice.
- Trib. Venezia, con ordinanza in data 14 aprile 2020 (r.g.n. 3744/2020) ha ordinato a MPS, fideiussore, di non pagare quanto richiesto dal locatore (ossia il pagamento delle mensilità di mancato preavviso) e comunque di non rivalersi sul conduttore commerciante in dettaglio che aveva cessato l’attività e risolto il contratto a seguito della chiusura dell’esercizio imposta dai provvedimenti governativi per il contenimento e il contrasto dell’epidemia.
- Trib. Bologna, con ordinanza in data 12 maggio 2020 (r.g.n. 5503/2020) ha ordinato alla conduttrice di non mettere all’incasso gli assegni bancari rilasciati dalla locatrice a garanzia del pagamento del canone in quanto relativo al periodo in cui, a causa delle misure restrittive in vigore per contrasto alla pandemia da Covid 19, era stata ordinata la chiusura dell’attività imprenditoriale.
- Trib. Rimini, con ordinanza in data 25 maggio 2020 (r.g.n. 1371/2020) ha ordinato alla resistente-locatrice di non mettere all’incasso gli assegni bancari post datati emessi a garanzia del pagamento del canone annuale sul presupposto che l’assenza di provvista era dipesa da inattività della struttura alberghiera a fronte della chiusura forzata dell’attività decretata dal legislatore.
- Trib. Genova con decreto emesso inaudita altera parte in data 1° giugno 2020 ha ordinato alla locatrice di astenersi dal porre all’incasso le cambiali emesse a garanzia del pagamento del canone a fronte dell’impossibilità di procedere al relativo pagamento per crisi di liquidità dipesa dalle misure restrittive adottare per contrastare l’emergenza da Covid 19.
E invece, per la sua esperiennza, quale è stato l'orientamento del Tribunale di Milano?
In una interessante questione il Tribunale di Milano di Milano, chiamato a pronunciarsi su una convalida di sfratto per morosità avviata dal locatore a fronte del mancato pagamento dei canoni relativi ai mesi di marzo-maggio 2020 (lockdown), poi sostanzialmente sanata banco judicis, il 21 ottobre 2020 si è spinto nel precisare che è “quanto meno dubbio che l’importo dedotto nell’atto di intimazione sia dovuto nella sua interezza” alla luce del fatto che l’utilizzazione del bene era stata inibita in forza di ordine dell’autorità avendo ciò comportato “senz’altro una limitazione nel godimento del bene locato non sotto il profilo della sua detenzione (che è rimasta al conduttore), quanto piuttosto della sua utilizzazione secondo la destinazione negoziale, entrambe prestazioni (detenzione e destinazione contrattuale) che rientrano nell’obbligo di mantenere la cosa locata nel corso del rapporto “in stato da servire all’uso convenuto (art. 1575 n, 2) c.c.”. In questo senso il Tribunale ambrosiano ha rilevato che una rinegoziazione dell’importo del canone – nel senso di una sua temporanea riduzione – avrebbe portato a riequilibrare lo scambio richiedendo al locatore un sacrificio altamente inferiore rispetto a quello a cui il conduttore sarebbe stato soggetto ove fosse tenuto a corrispondere l’intero canone a fronte di una utilità significativamente ridotta; viceversa venendosi a trovare il locatore in posizione di eccessivo vantaggio continuando a ricavare un lucro che verosimilmente non avrebbe ottenuto se l’immobile fosse stato locato nel contesto della situazione del momento (ottobre 2020) atteso il valore ridotto del bene in quel periodo.