Economia
Credit Agricole, tesoretto per il rilancio Creval? I fondi prendono posizione
Si dice che il diavolo si annida nei dettagli. Senza scomodare Satana che – specie in un momento complesso come quella attuale - sta benissimo dov’è, quando si parla di finanza bisogna sempre leggere tra le pieghe. Spesso di un bilancio. Si prenda ad esempio il dossier Creval: la vicenda è arcinota con i francesi di Crédit Agricole che sono pronti a rilevare l’intero capitale azionario per 737 milioni di euro, con un premio di oltre il 20% rispetto alla quotazione di giugno scorso.
Poi però il vento inizia a soffiare in un’altra direzione, il Credito Valtellinese di Luigi Lovaglio fa il botto, le azioni raddoppiano di valore e qualcuno alza la mano dicendo: scusate, ma perché dovremmo accettare una valutazione che ora è inferiore rispetto a quella data dai mercati? In effetti se oggi qualcuno volesse comprare tutto il Creval dovrebbe mettere sul piatto 837 milioni, esattamente 100 in più di qualche mese fa.
I francesi di Crédit Agricole hanno mostrato i muscoli e i denti: l’offerta, tutta cash, è definitiva e in Valtellina farebbero bene a pesare le loro mosse perché rischierebbero di trovarsi un socio in pancia che già oggi detiene il 9,84% del capitale cui dovrebbe sommarsi il 5,28 dell’Algebris di Davide Serra. Il finanziere italiano di base a Londra, d’altronde, aveva già dichiarato urbi et orbi di essere pronto ad aderire all’Opa dei francesi.
Il problema, semmai, è che non sembrano esserlo gli altri azionisti. I quali, carte degli analisti alla mano, sostengono che le sinergie che deriverebbero dall’operazione (almeno 400 milioni per i francesi) e la tassazione agevolata con Dta (circa 200 milioni) siano un motivo valido per chiedere un rilancio. Ad esempio, alcuni fondi internazionali come Petrus Adviser (appena cresciuto al 3% del capitale), Hosking Partners (4,72%) e Kairos (3%) hanno già contestato il prezzo offerto dalla Banque Verte. Non solo: Dws Investments ha aumentato la propria quota nel Creval dal 2,8 al 5,4% in poco più di un mese, attirata dalla crescita notevole del valore azionario. Il target price viene fissato addirittura intorno ai 13 euro per azione. Insomma, ce n’è abbastanza per chiedere una revisione dell’offerta.
Finora, da Parigi, nessuna risposta. Eppure, come detto, è proprio nelle pieghe di bilancio che potrebbero annidarsi le risposte. Perché il Crédit Agricole ha chiuso il bilancio trimestrale ben al di sopra delle attese degli analisti. L’utile è a 124 milioni contro un consensus che vedeva un rosso di 165 milioni. Tutti dati in calo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, ma è inutile ribadire per l’ennesima volta l’impatto del Covid sui conti delle banche.
Piuttosto, stupisce che abbia accantonato ulteriori 538 milioni per crediti inesigibili causa Coronavirus. Stante il fatto che sicuramente gli Npe aumenteranno sensibilmente, non sarà che una quota sia stata destinata a rendere l’offerta sul Creval un po’ più “appetibile”? Oltretutto, si è proceduto con una svalutazione da 903 milioni per la sola branch italiana di Crédit Agricole definito da Parigi un elemento puramente contabile. Due indizi che potrebbero mostrare l’intenzione di trovare una mediazione. Qualcuno si potrebbe stupire?