Economia

Dai fondi pensione nessun allarme-Italia.Solo Berlino-Parigi temono il rischio

Persino Dalio, gestore del fondo Bridgewater, ha chiuso da mesi le scommesse contro nostro Paese. Chi lancia allarmi sono gli intermediari francesi e tedeschi

Persino sui titoli di stato, nonostante l’avvicinarsi della fine del QE della Banca centrale europea e un possibile primo ritocco dei tassi ufficiali per settembre 2019, qualche voce fuori dal coro dei generalizzati inviti alla prudenza ha iniziato a levarsi, come quella di Alessandro Fugnoli, strategist di Kairos Partners (gruppo Julius Baer) che segnala: “l’Italia dei titoli di stato offre valore, in particolare nella parte uno-due anni”, dove ormai con rischio minimo si può iniziare a portare a casa un rendimento dell’1,35% (a fronte del 3,42% pagato dal ben più rischioso decennale), appena al di sotto del valore corrente dell’inflazione (1,5% a fine agosto).

S&P standard poors
 

Insomma, anche se la confusione è massima sotto i cieli dei mercati in queste settimane, dai fondi pensione e dai grandi gestori internazionale non sembra levarsi più alcun “allarme-Italia”, per cui il consiglio è di non agire d’impulso sulla base delle notizie che rimbalzano ogni giorno sui vecchi e sui nuovi media, affidandosi alle capacità dei gestori professionisti più che al proprio “sentimento di pancia”.

Anche perché a provare a muovere il mercato in questi giorni sono quasi solo i broker coi loro consigli di giornata e qualche casa d’investimento, in particolare quelle francesi, come Carmignac, che sembra temere l’avvicinarsi della fine del ciclo espansivo almeno quanto le incertezze legate all’approvazione definitiva della legge di bilancino 2019, e tedesche, con DWS che segnala come sia evidente che gli italiani sino ormai stanchi di austerità, ma non possa essere dimenticato che vi è il rischio che le Moody’s e Stadard & Poor’s possano limare il rating sovrano italiano ad un solo gradino (“notch”) sopra il livello “junk” che renderebbe impossibile per la Bce procedere all’acquisto di ulteriori titoli di stato italiani (e alle banche stesse utilizzare tali titoli come garanzia di linee di rifinanziamento).

di maio
 

Sebbene i rischi legati alla manovra e al suo gradimento da parte della comunità finanziaria mondiale esistano (il 26 ottobre è previsto il giudizio di Standard & Poor’s, a seguire potrebbero arrivare quelli di Moody’s, già rinviato una volta, e di Fitch), è curioso che la preoccupazione maggiore sia esternata da gruppi francesi e tedeschi e non dai grandi fondi americani. A pensar male si potrebbe supporre che la politica c’entri qualcosa anche nei “consigli per gli acquisti” degli intermediari finanziari e, forse, nella tempistica con cui verranno diffusi i giudizi delle agenzie di rating. Ma a pensar male, si sa, si fa peccato (anche se qualche volta ci si becca).

Luca Spoldi