Economia

Deficit-Pil 2016 cresce al 2,5%. Draghi: giovani disoccupati Ue al 19%

La pubblicazione definitiva dei dati della contabilità nazionale da parte dell'Itat relativi al 2016 porta in dote un aumento del rapporto deficit/Pil di un decimo di punto: +2,5% e non 2,4% come invece aveva fissato l'istituto centrale di statistica nella precedente infornata di numeri. 

Nel dettaglio, spiega l'Istat, sulla base delle informazioni aggiornate, l'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche nel 2016 e' stato pari in valore assoluto a -41.937 milioni di euro, con un'incidenza in rapporto al Pil del -2,5%. Comunque, precisa, "in lieve miglioramento rispetto al -42.702 dell'anno precedente (-2,6% in rapporto al Pil)". Per quanto riguarda invece il Pil 2016, la crescita in volume è stata pari allo 0,9%, con un risultato invariato rispetto alla stima preliminare diffusa a marzo. In particolare, chiarisce l'Istituto nazionale di statistica, "le stime dell'anno 2015 incorporano i dati definitivi del conti economici delle imprese e quelli completi relativi a occupazione regolare e non regolare".

Ecco che, sottolinea, "nel 2016 il Pil ai prezzi di mercato risulta pari a 1.680.523 milioni di euro correnti, con una revisione al rialzo di 8.085 milioni rispetto alla stima precedente. Per il 2015 il livello del Pil risulta rivisto verso l'alto di 6.714 milioni di euro". Gli oltre otto miliardi in piu' sull'ultimo anno si fanno sentire e anche il dato in valori concatenati mostra un Pil che ha recuperato i livelli del 2012. Guardando alle componenti, "nel 2016 gli investimenti fissi lordi sono cresciuti in volume del 2,8%, i consumi finali nazionali dell'1,3%, le esportazioni di beni e servizi del 2,4% e le importazioni del 3,1%".

Quanto ai settori, "il valore aggiunto, a prezzi costanti, e' aumentato dell'1,7% nell'industria in senso stretto e dello 0,6% nel settore dei servizi. Si sono registrati cali nel settore delle costruzioni (-0,3%) e nell'agricoltura, silvicoltura e pesca (-0,2%)". Dal lato aziendale rileva l'Istat, "per l'insieme delle societa' non finanziarie, la quota di profitto e' pari al 42,2% e il tasso di investimento al 20,2%". Invece, evidenzia, "il reddito disponibile delle famiglie consumatrici ha segnato una crescita dell'1,6% sia in valore nominale, sia in termini di potere d'acquisto". E, aggiunge, "poiche' i consumi privati sono aumentati dell'1,5%, la propensione al risparmio delle famiglie e' aumentata all'8,6% dall'8,4% del 2015".

Buone notizie, invece, arrivano dall'Europa. In un discorso al Trinity College di Dublino, il presidente della Bce, Mario Draghi, ha ricordato come "il Pil dell'Eurozona sia in crescita da 17 trimestri consecutivi, creando nel complesso oltre 6 milioni di posti di lavoro". Il banchiere ha anche spiegato che "dal picco del 24% nel 2013, la disoccupazione giovanile e' scesa intorno al 19% nel 2016 ma e' ancora di circa 4 punti percentuali piu' alta rispetto all'inizio della crisi nel 2007". Il presidente della Bce ha pero' puntualizzato che "nel 2016 circa il 17% dei giovani tra i 20-24 anni non studia, non lavora e non fa formazione".

"La segmentazione del mercato del lavoro e una scarsa formazione professionale sono tra i principali motivi dell'elevato tasso di disoccupazione giovanile persistente in diversi Paesi colpiti gravemente dalla recessione come Italia, Grecia, Spagna e Portogallo", ha ricordato però Draghi, sottolineando invece che Paesi come "Germania e Austria sono riusciti a mantenere bassa la disoccupazione giovanile grazie ad efficaci programmi di formazione professionale e piani mirati ai giovani piu' svantaggiati".