"I dazi di Trump? Sono solo un trucco: il vero piano del tycoon è svalutare il dollaro. Ecco perché"  - Affaritaliani.it

Economia

"I dazi di Trump? Sono solo un trucco: il vero piano del tycoon è svalutare il dollaro. Ecco perché" 

È come se l’America avesse imposto un "dazio invisibile", non alla dogana, ma nel portafoglio. Il piano del tycoon per risanare il deficit commerciale Usa: parla l'analista di ActivTrades

di Rosa Nasti

Oltre ai dazi, Trump ha un altro asso nella manica: deprezzare il dollaro. L'intervista

C'è un dazio del 10% che non passa in dogana, ma che stiamo già pagando. È il crollo del dollaro, una svalutazione che pesa come un macigno e che – ironia della sorte – non porta la firma di un ordine esecutivo di Trump, ma ha tutto il sapore di una sua provocazione. Con l’annuncio dei nuovi dazi sui semiconduttori, il tycoon ha scatenato l’ennesima fuga dal biglietto verde, ora ai minimi da sei mesi.

Il risultato? Wall Street trema e oscilla e la confusione sulla politica tariffaria rischia di allontanare gli investitori dagli asset americani. E qui scatta la beffa. Perché a differenza dei dazi classici – che colpiscono solo le importazioni – questo "dazio da svalutazione" impatta su tutto. Rende le merci americane più competitive sui mercati globali e, di conseguenza, penalizza l’export europeo. Italia e Germania in prima linea. Affaritaliani.it ne ha parlato con l’analista di ActivTrades Saverio Berlinzani.

Dal 2 aprile il biglietto verde si è svalutato di circa il 10%. Quanto è “accidentale” la svalutazione del dollaro e la caduta dei mercati? È una strategia di Trump ben calibrata?

Il movimento dell’EurUsd, nasce dalla necessità, per gli Stati Uniti, di deprezzare il dollaro, per poter ridurre un deficit commerciale ormai insostenibile nel medio termine. Il deprezzamento, per così va chiamato, della divisa Usa, dopo anni di forza, anche eccessiva, si è reso necessario non solo per ridurre la forbice tra surplus commerciale europeo e deficit commerciale Usa, ma anche per svalutare il debito pubblico statunitense, il cui pagamento di interessi è in dollari.

Secondo il nostro punto di vista, si tratta di una strategia della nuova amministrazione, che si trova a dover fronteggiare gli  enormi squilibri dati dai due debiti sopramenzionati. I dazi erano il grimaldello per arrivare a deprezzare il dollaro.

Se un dazio alla dogana è visibile e negoziabile, come si risponde a un "dazio valutario" che erode silenziosamente la competitività?

La rivalutazione dell’Euro, in un contesto di cambi flessibili, che deve rimanere un mantra all’interno dei paesi sviluppati, rappresenta semplicemente un movimento che tende a riaggiustare proprio gli squilibri della bilancia dei pagamenti, che evidenzia un importante surplus commerciale per la Germania, e Italia, e un deficit enorme per gli Stati Uniti. Pertanto il riaggiustamento valutario si rende necessario per riequilibrare tali deficit.

Se il dollaro perde il 10%, chi paga davvero il conto? Germania e Italia, i due grandi esportatori dell’eurozona, rischiano di diventare i bersagli collaterali della svalutazione americana?

E’ chiaro che la rivalutazione dell’Euro danneggerà, a tendere l’export tedesco e italiano, ma fino ad un certo punto, in ragione del fatto che le materie prime che paghiamo avvengono ora con un dollaro deprezzato di un 10%, il che non necessariamente, se non diventasse una svalutazione (-30 – 40 per cento), sarà un male, perché siamo nell’ordine di un movimento naturale e non eccessivo.

L’euro oggi vola: il rally più potente dal 2009. È un vantaggio?

Innanzitutto l’Euro non è forte, ma sta correggendo da livelli di debolezza estrema, e con una media storica intorno a 1.1800, non possiamo dire che goda di tutta questa forza, anzi.  Abbiamo ancora spazio fino  1.2000 prima di considerarlo tale. E’ una correzione logica dopo anni di performance negativa.

Dovremmo iniziare a considerare il tasso di cambio come uno strumento di guerra commerciale? E se sì, l’UE ha le munizioni?

Il tasso di cambio è sempre stata un’arma a favore dei mercantilisti e strumento di guerra commerciale. Fin dai tempi della Lira, e in tempi recenti basti osservare il cambio UsdYuan che ha un fair value intorno a 4.20 e vale 7.30. Le questione è la valutazione percentuale di ogni movimento valutario, che può definirsi manipolazione o movimento naturale di aggiustamento a seconda delle price action percentuali, ovvero di quanto si discosta una valuta rispetto al PPP (Purchase power parity) contro un’altra. La Ue oggi accetta di buon grado un riaggiustamento come quello attuale perché è assolutamente nella norma. Diverso il discorso se EurUsd salisse fino a 1.50 1.60. Ma per ora, non è assolutamente una ipotesi plausibile.

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