Economia

Elkann, Benetton, Berlusconi, De Benedetti: grandi famiglie (e disastri)

di Redazione

Senza dimenticare la strategia Pirelli di Tronchetti Provera e le "avventure" di Colaninno. Tutti i "flop" imprenditoriali

Elkann, Benetton, Berlusconi, Tronchetti Provera, De Benedetti e  Colaninno: grandi famiglie (e disastri). I flop imprenditoriali 

Luciano Benetton si sente tradito. È l'accusa lanciata dall'ottantanovenne fondatore dell'omonimo gruppo tessile in un'intervista concessa al Corriere della Sera il 25 maggio. Una storia di successo trasformatasi in un'amara vicenda di perdite finanziarie, culminata nel bilancio 2023 con una perdita di 230 milioni di euro. Benetton punta il dito contro il Ceo Massimo Renon, in carica dal 2020, rimarcando come la fiducia riposta in lui si sia rivelata un errore. 

Il declino finanziario di Benetton Group

Il bilancio del Benetton Group - cioè il comparto tessile della famiglia trevigiana - negli ultimi anni racconta di una vertiginosa caduta: già dal 2013 l'azienda ha iniziato a registrare perdite, con il primo bilancio in rosso da 199 milioni. La situazione non ha fatto che peggiorare, fino alla significativa perdita di 81 milioni nel 2022. Tale declino sembra essere andato in secondo piano soltanto grazie alle entrate garantite dalle privatizzazioni e dalla gestione di Autostrade per l'Italia, una fonte sicura di profitto fino al tragico crollo del Ponte Morandi nel 2018.

LEGGI ANCHE: Tronchetti Provera, amore per Afef e Telecom: l'uomo che si credeva Agnelli

LEGGI ANCHE: Chi sono gli Agnelli, dal successo all'eredità: famiglia di ricchi e dannati

Focalizzazione su altri interessi del Gruppo Edizione

Dopo la vendita di Autostrade per l'Italia allo Stato nel 2021 per circa 8,2 miliardi, il gruppo Edizione, che detiene il 100% di Benetton attraverso la famiglia, ha continuato a registrare profitti, con un consolidato di 1,17 miliardi nel 2022. Questo successo finanziario ha garantito ai quattro rami della famiglia Benetton una cedola annuale di 100 milioni, evidenziando come, nonostante le difficoltà della branca tessile, l'impero economico della famiglia non sia stato scalfito.

Le vicende di Elkann

E che dire dell'impero degli eredi Agnelli e la gestione di John Elkann, che nonostante alcuni percorsi controversi e decisioni discutibili, come spostare la sede legale di FCA in Olanda e la successiva fusione con la francese PSA che ha dato vita a Stellantis, continua a registrare successi economici. Tuttavia, l'avvenire industriale nel territorio italiano appare incerto, con una produzione lontana dalle ambiziose aspettative. E questo nonostante la Fiat, boccheggiante, abbia ottenuto importanti aiuti dallo Stato, su tutti gli incentivi alla rottamazione di fine secolo scorso, passando per la cassa integrazione.

Il declino di Repubblica

Un capitolo a sé stante è rappresentato dalla gestione del gruppo editoriale Gedi, acquisito dalla famiglia De Benedetti e che comprende testate di rilievo come La Repubblica e La Stampa. L'acquisto da parte di Elkann e il successivo smantellamento di Gedi hanno accelerato i problemi del gruppo, portando a un considerevole declino di Repubblica, un tempo fiore all'occhiello dell'editoria italiana.

In un'intervista a La7 qualche mese fa, Carlo De Benedetti, storico imprenditore italiano, ha rivolto critiche aperte nei confronti di John Elkann, accusandolo di aver acquistato il gruppo editoriale Repubblica per timore che potesse finire nelle mani di Luca Cordero di Montezemolo. De Benedetti, tuttavia, non è estraneo a percorsi imprenditoriali contrassegnati da alti e bassi. Nonostante il suo indiscutibile impatto nel settore dell'editoria e dell'industria, la sua gestione di Olivetti e le dinamiche familiari complesse hanno offuscato alcune delle sue conquiste.

L'eredità di Berlusconi

Il testamento di Silvio Berlusconi ha creato un meccanismo di controllo sull'impero mediatico lasciato in eredità che lega indissolubilmente i cinque figli dell'ex Cavaliere. Marina e Pier Silvio Berlusconi, frutto del primo matrimonio, detengono la maggioranza in Fininvest, garante del controllo su Mfe-Mediaset. Un sistema di alleanze e accordi interni, incluso quello con i figli nati dal matrimonio con Veronica Lario, assicura un equilibrio, promettendo una gestione del potere condivisa almeno per i prossimi anni.

Tronchetti Provera e la strategia Pirelli

Marco Tronchetti Provera, alla guida di Pirelli dal 1992, ha dimostrato abilità imprenditoriali strategiche soprattutto nel 2015, quando ha ottenuto un salvataggio dal capitale cinese. Vendendo una parte rilevante di Pirelli alla Sinochem, ha ceduto una quota del controllo pur mantenendo una significativa influenza operativa nell'azienda. Tuttavia, questa alleanza ha portato a una situazione finanziaria meno ottimale per Pirelli, con un indebitamento che ha limitato le sue capacità di espansione e investimento, influenzando anche la politica dei dividendi.

Le avventure di Colaninno

Roberto Colaninno, figura emblematica dell'industria italiana recentemente scomparso, ha lasciato un segno indelebile con le sue azzardate manovre finanziarie, in particolare attraverso l'Opa su Telecom Italia e la gestione di Alitalia. Il suo approccio basato sull'acquisizione a debito per l'ex-Sip ha gravato l'azienda di tlc di una montagna di debito che è la causa primigenia della scelta, oggi, di cedere la rete a Kkr. 

Nell'aprile del 1999, Colaninno ha sorpreso il mondo finanziario e industriale con una mossa audace: l'acquisizione di Telecom Italia. Appoggiato politicamente da Massimo D'Alema, ha guidato una cordata attraverso Olivetti, conquistando i

l 51% di Telecom, una delle più grandi società di telecomunicazioni a quel tempo, subito dopo il suo processo di privatizzazione. Questo ambizioso progetto ha comportato un indebitamento di 35 miliardi con le banche, una cifra astronomica che poi è stata trasferita nei bilanci di Telecom Italia mediante una fusione. Questo evento ha segnato l'inizio di una serie di complessità per l'azienda, dimostrando le sfide legate alle grandi operazioni a leva finanziaria.

Un altro capitolo importante nella carriera di Colaninno è stato senza dubbio la privatizzazione di Alitalia nel 2008. Nell'ambito di un piano voluto e promosso dall'allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, per scongiurare la vendita di Alitalia a Air France-Klm proposta dal governo precedente, guidato da Romano Prodi, Colaninno è emerso come figura centrale.

Berlusconi infatti ha favorito l'ingresso di una ventina di imprenditori italiani, tra cui spiccavano nomi come Salvatore Ligresti ed Emilio Riva, nel capitale di Alitalia, ormai liberata dai precedenti debiti. Colaninno è stato nominato presidente, affiancato prima da Rocco Sabelli in qualità di amministratore delegato e poi, nel 2012, da Andrea Ragnetti. Nonostante queste mosse, la gestione di Alitalia ha incontrato numerose difficoltà, portando alla sostituzione di Ragnetti con Gabriele Del Torchio, ex Ducati. Quest'ultimo ha guidato Alitalia verso un'accordo con i soci emiratini di Etihad, con l'appoggio del governo guidato da Matteo Renzi e la presidenza di Luca Cordero di Montezemolo, una strategia che tuttavia non ha sortito gli effetti sperati.