Economia

Ex-Ilva, due fondi nazionali sfornano un miliardo per la decarbonizzazione

di Redazione Economia

Scartato dal Pnrr, il piano di investimento per decarbonizzare l'ex Ilva è semplicemente stato spostato sul Fondo sviluppo e coesione e sul Fondo complementare

Ex-Ilva, il governo tira fuori 1 miliardo di euro dal cilindro. Due fondi nazionali si scaldano per la decarbonizzazione degli stabilimenti

Riappare, tra le pieghe del decreto Pnrr all'esame della Camera, il miliardo di euro per la decarbonizzazione dell'ex Ilva. Ma l'iter per mettere a terra le risorse e partire davvero con la svolta "verde" non è in discesa e servirà innanzitutto un tavolo con i vari ministeri coinvolti.

La dote di 1 miliardo era stata stralciata dal Pnrr nei mesi scorsi, per due principali motivi. Il primo era costituito dalle obiezioni della Ue a sovvenzionare con i fondi del NextGenerationEu, vincolati al principio Dnsh (non arrecare danni significativi all'ambiente), un progetto per la siderurgia; il secondo consisteva nel rischio che l'impianto da finanziare, in carico alla società a controllo pubblico Dri d'Italia spa e destinato alla produzione del preridotto, non centrasse la scadenza Pnrr del 30 giugno 2026.

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Un articolo del Dl inserito a sorpresa, e passato inosservato, ha ricostituito la dote ma spostandola, al pari di diversi altri interventi, su una doppia fonte nazionale di copertura: il Fondo sviluppo e coesione e il Fondo complementare. Il finanziamento viene così spalmato fino al 2029, dando più respiro per il completamento del progetto: 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026, 210 milioni per il 2027, 285 milioni per il 2028 e 205 milioni per il 2029.

La norma fa riferimento in modo generale all'utilizzo dell'idrogeno in settori hard-to-abate, senza citare Dri d'Italia spa che tuttavia dovrebbe essere confermata come destinataria dell'intervento. Per fare chiarezza occorre però riassumere le tappe precedenti. Dri d'Italia spa, partecipata al 100% dall'agenzia pubblica Invitalia, è stata costituita nel 2022 con lo scopo di realizzare impianti di produzione di direct reduced iron (Dri o preridotto) anche utilizzando i fondi pubblici destinati alla decarbonizzazione dei settori "hard-to-abate", come appunto la siderurgia.

Il preridotto - un semilavorato siderurgico ottenuto dalla riduzione del minerale ferroso mediante utilizzo di monossido di carbonio e idrogeno - potrà alimentare i forni elettrici destinati con molto potabilità ad avere un ruolo centrale nel piano industriale che i commissari di Acciaierie d'Italia dovrebbero presentare nell'arco di un mese.

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Come detto, il finanziamento del Pnrr era però sparito dai radar. Adesso, ricostituito con fondi alternativi, dovrà passare probabilmente per un ulteriore provvedimento attuativo del ministero dell'Economia (Mef) che ricostituisca formalmente l'assegnazione a Dri spa. Anche per questo si prospetta un tavolo interministeriale, tra lo stesso Mef, il ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica, il ministero delle Imprese e del made in Italy, Dri e l'amministrazione straordinaria di Acciaierie d'Italia.

Il tavolo dovrà anche prevedere il possibile impiego del preridotto per altri stabilimenti ex Ilva oltre a quello di Taranto, ad esempio Genova, ma anche per gli acciaieri del Nord che hanno costituito il Ceip (consorzio elettrosiderurgici italiani per il preridotto) presieduto da Giancarlo Quaranta, il primo commissario della terna per Acciaierie d'Italia ad essere stato nominato dal ministero delle Imprese.

I punti interrogativi a dire il vero non mancano. Il piano industriale, ad esempio. Il governo ha chiesto ai commissari di accelerare, in modo da rassicurare su questo punto la Commissione europea che deve autorizzare il prestito ponte da 320 milioni. Ma che succederà con l'arrivo di un investitore privato dopo che sarà stata espletata la gara pubblica? Presumibilmente riscriverà buona parte del piano. E la produzione nazionale di preridotto sarà ancora così centrale?

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In questo campo ad esempio gli ucraini di Metinvest, in prima linea tra i candidati a partecipare, potrebbero essere completamente autonomi. Nel frattempo va avanti la contesa tra Dri e Danieli, che ha presentato un ricorso al Tar Lecce contestando l'assegnazione da parte della controllata di Invitalia alla tedesca Paul Wurth dei lavori per la realizzazione dell'impianto per produrre il preridotto.

In prossimità dell'udienza conclusiva, che si è tenuta il 13 marzo, Danieli ha presentato una richiesta di risarcimento danni per oltre 200 milioni depositando una perizia in cui, tra i vari elementi riportati, si cita l'offerta economica fatta a Dri in fase di gara, 1 miliardo e 150 milioni di euro, cifra superiore al miliardo che era stato assegnato per legge alla società pubblica. Secondo Dri, proprio questa discrepanza sarebbe stata il principale motivo dell'esclusione della offerta di Danieli.