Economia
Ex-Ilva, Sapelli: "Presa da Mittal per distruggerla con zampino del governo"
Ci sono possibilità di veder risorgere l'Ex-Ilva, la più grande acciaieria d'Europa? L'economista e storico Giulio Sapelli ha le idee chiare... L'intervista
Ex-Ilva, Sapelli: "Messi dal governo personaggi che hanno portato alla distruzione dell'acciaieria"
I pronostici sulla partita dell’ex-Ilva si fanno sempre più foschi. Dopo mesi di trattative infruttuose, Invitalia, l'azionista pubblico di minoranza, ha chiesto al governo di adottare l’amministrazione straordinaria per gestire la sanguinosa crisi delle Acciaierie d'Italia. Restano ancora da effettuare alcune valutazioni tecniche, ma è probabile che già oggi, lunedì 19 febbraio, il governo comunichi la decisione ai sindacati e agli attori del settore, convocati a Palazzo Chigi.
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Permangono, comunque, forti dubbi su chi entrerà nel capitale dopo la famiglia Mittal, oggi proprietaria del 62% delle quote insieme a Invitalia (38%). Sì, perché nonostante le voci - esasperate dal ministro Urso - riguardo l’interesse di diverse multinazionali verso le Acciaierie, ad Affaritaliani.it risulta invece che di interesse ce ne sia ben poco. Tra i vari nomi circolati negli ultimi giorni, come Marcegaglia e l’ucraina Metinvest, sembra infatti che non sia ancora arrivato alcun segnale concreto nella casella di posta del governo.
Interpellato da Affaritaliani.it per fare il punto della situazione, l’economista e storico Giulio Sapelli ha le idee chiare, soprattutto sulla reale motivazione della partecipazione della famiglia indiana. “I Mittal entrarono nell’Ex-Ilva per affossare il settore siderurgico italiano. Nello scenario della ricostruzione futura della Mesopotamia, bloccare l’Ex-Ilva fu fondamentale”, rivela l'esperto.
“Ovviamente non agirono da soli. Ad aiutarli fu anche il populismo verde, principale colpevole della cacciata della famiglia Riva, la quale invece si era immolata mettendo una fortuna per le opere di bonifica. Naturalmente, poi, dobbiamo considerare lo zampino del governo”, tuona Sapelli. “Innanzitutto, il grave errore di non aver dato l’Ilva agli Arvedi, famiglia veterana della siderurgia con una storia eccezionale alle spalle”, dice.
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“Non solo. Ad aver pesato sull’attuale crisi”, prosegue l’esperto, “sono i personaggi messi dal governo nell’Ilva, i quali ovunque sono andati hanno condotto alla distruzione dell’industria italiana…”, attacca Sapelli.
Ma quindi, ci sono possibilità di veder risorgere il più grande stabilimento di produzione d’acciaio d’Europa? “Dopo tutti questi disastri, risollevare un’industria avviata da anni verso la distruzione è una missione molto difficile. Ma si tratta di un’impresa da dover compiere”, spiega l’esperto.
“Primo, perché in questo modo riforniremmo la nostra industria metalmeccanica, la quale oggi si affida al 70% agli acciai speciali dell’Ilva. E secondo, perché se lo stabilimento dovesse riprendere a pieno l’attività, ci potremmo imporre come player nell’enorme business globale in fase di apertura: la ricostruzione, come accennato prima, della Mesopotamia tra Siria e Iran e, tra qualche anno, la ricostruzione dell’Ucraina”.