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Economia
Export di avorio, Ue prima al mondo. Le cifre

Zanne bianche — La Cina vieterà il commercio in avorio dalla fine del 2017. L’attività manifatturiera potrà invece continuare per un “periodo di transizione” non ancora definito. Il paese è di gran lunga il più importante consumatore dell’avorio di elefanti africani, animali che in Oriente non abbondano. Da qui la necessità di importarlo e, strano a dirsi, in buona parte non dall’Africa—almeno nominalmente—ma piuttosto dall’Unione Europea.

L’Ue è il più grande esportatore al mondo di avorio “pre-convention”: cioè, “legale”, nel senso di essere stato teoricamente acquisito prima della ratificazione nel 1973 della Cites-Convention on International Trade of Endangered Species, che regola il commercio internazionale di animali a rischio d’estinzione. La Cites, come programma delle Nazioni Unite, ha subito identificato l’elefante africano come “a rischio” e le prime restrizioni sul commercio d’avorio sono entrate in vigore—per poi cadere largamente nel vuoto. Il commercio è stato ri-vietato—sempre per solenne trattato—ancora una volta nel 1989. Per un po’ non è andato male. Poi, con la nuova prosperità asiatica, è cresciuta enormemente la domanda e i bracconieri sono tornati in forza.

Secondo l’Ue, tra il 2003 e il 2014 il 92% dell’export europeo d’avorio pre-convention è andato in Cina. Il costante aumento del traffico, idealmente relativo alle scorte arrivate in Europa in epoca coloniale, ha fatto nascere il sospetto che una parte del materiale potesse—chissà—avere a che fare con il bracconaggio che sta decimando gli elefanti africani.

La IUCN-International Union for Conservation of Nature stima che la popolazione di elefanti in Africa sia crollata di ben oltre 100mila unità nel decennio—perlopiù ad opera dei cacciatori d’avorio—mentre i sopravvissuti sarebbero per ora circa 415mila. Ciò a fronte di molti tentativi di eliminare o almeno limitare il traffico d’avorio con accordi internazionali poi ignorati o aggirati. “Fatta la legge, trovato l’inganno”, si dice. Ma il proverbio riguarda le leggi umane, non quelle naturali. Mentre l’Europa s’è scoperta brava a “invecchiare” l’avorio a servizio dei bracconieri e dei mercati asiatici, la Natura si è stufata e sta risolvendo la questione a modo suo attraverso una sorta di evoluzione accelerata.

I bracconieri stessi, attraverso la selettiva uccisione degli esemplari più “redditizi”, stanno cambiando il corredo genetico dell’elefante africano a favore della nascita di animali senza zanne. La studiosa Joyce Poole ha recentemente spiegato al Times che, mentre in un branco normale solo una piccola minoranza —dal 2 al 6%—delle femmine nasce senza zanne, si stanno riscontrando tra le popolazioni decimate dalla caccia casi come quello del Gorongosa National Park in Mozambico, dove il 30% è ora senza: “E le femmine prive zanne hanno una probabilità molto più alta di avere una prole senza zanne”.

L’esempio netto si ha nell’Addo Elephant National Park in Sud Africa, dove i cacciatori d’avorio avevano ammazzato tutti gli elefanti fuorché 11 sopravvissuti rimasti quando la riserva fu creata nel 1931. Quattro delle 8 femmine ancora in vita erano senza zanne; oggi il 98% delle elefantesse del parco lo sono. C’è una lezione in tutto questo. Se non siamo noi esseri umani a risolvere i nostri contrasti con la natura, verranno comunque risolti in una maniera o l’altra—e forse non solo togliendoci le zanne...

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