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Economia
Generali, arrocco italiano anti-Parigi. Donnet gioca la carta del gestito

Da parte sua l’amministratore delegato Philippe Donnet dal 23 novembre 2016, quando venne annunciato il nuovo piano industriale con l’ambizione di “essere leader ed eccellere in tutto quello che facciamo e ovunque operiamo”, ha conseguito risultati importanti che la borsa ha apprezzato, tanto che le quotazioni da allora, nonostante il calo delle ultime settimane a causa dell’avverso andamento dello spread Btp-Bund e dell’accresciuto “rischio Italia”, hanno recuperato 3 euro (+26,5%), mentre quelle di Axa sono cresciute appena del 2% e quelle di Allianz sono salite del 22,5% circa. Per questo Donnet deve cercare di bissare il successo ottenuto con un nuovo piano industriale che risulti al tempo stesso credibile agli occhi del mercato e sufficientemente ambizioso agli occhi dei suoi azionisti principali.

Gilberto Benetton ape 4

 

Un momento chiave dovrebbe essere quello del 7 e 8 novembre prossimo, quando l’intero Cda si trasferirà a Monaco di Baviera (Generali è il secondo gruppo assicurativo in Germania alle spalle di Allianz) per definire gli ultimi dettagli del piano che sarà poi ufficialmente deliberato il 20 novembre e presentato il giorno dopo alla comunità finanziaria. Una scelta non casuale, quella di Monaco, per ribadire l’importanza del mercato tedesco ma forse anche per dare un segnale ai soci italiani della determinazione del management nel presidiare i mercati esteri strategici per il gruppo, come sicuramente è stata e resta la Germania. Cosa manca a questa strategia per evitare ogni rischio di perdita di controllo?

Una terza gamba, accanto alla governance e alla crescita organica ossia una crescita per linee esterne che consenta di ridurre il gap “di peso” tra il gruppo italiano e i suoi concorrenti esteri. Dove guarderà Donnet non sembra difficile da capire: più che ad attività assicurative (che comunque saranno prese in considerazione se dovesse presentarsi un’occasione ghiotta, come non sembra ancora essere nel caso della russa Ingosstrak, in cui Trieste è socia al 38,45% e che ancora di recente ha visto movimenti tra i soci) si punta, si vocifera negli ambienti finanziari, ad un gruppo attivo nel risparmio gestito.

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Quale potrà essere la preda e dove opererà (se prevalentemente in Europa, in Asia o nelle Americhe) è ancora da decidere probabilmente, anche perché dipenderà dall’ammontare di risorse che Donnet avrà a disposizione per l’impresa.

Considerando che dei 2,5 miliardi di cassa ottenuti attraverso la “campagna cessioni” almeno 1-1,5 verrà usata per ridurre il debito, ne resterebbe circa la metà più eventualmente mezzi freschi che dovessero essere apportati dagli azionisti, anche se finora Donnet ha sempre smentito ogni ipotesi di aumenti di capitale. Tenendo conto che sono già in corso trattative per definire l’acquisizione della quota di controllo dell’asset manager francese Sycomore, operazione che dovrebbe valere 150-200 milioni di euro, un altro miliardo almeno potrebbe essere speso per rafforzarsi fuori dall’Europa.

Luca Spoldi

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