Economia

Goldman Sachs scommette contro l'Italia e Meloni. Invito a non comprare i Btp

Per la banca Usa nuovi aumenti di tassi e gli intoppi sul Pnrr (e relativa minor crescita) faranno salire lo spread. Il consiglio: investite sul debito spagnolo

Goldman Sachs contro l'Italia: lo spread rischia di impennarsi

L'Italia deve fare i conti con la sfiducia dei mercati. Il colosso Usa Goldman Sachs è uscito allo scoperto, invitando gli investitori a scommettere sul debito spagnolo piuttosto che su quello italiano. Per la banca Usa nuovi aumenti di tassi e gli intoppi sul Pnrr (e relativa minor crescita) faranno salire lo spread: da qui l'invito esplicito a puntare su Madrid, ritenuta più stabile. I famigerati "mercati" - si legge sul Fatto Quotidiano -, al momento, non paiono aver dato troppo peso alla cosa, ma certo la notizia rilanciata ieri da Bloomberg non può aver fatto piacere al governo: in un report inviato venerdì scorso la banca d’affari statunitense Goldman Sachs, una delle più grandi al mondo e già datore di lavoro di Mario Draghi tra 2002 e 2005, ha consigliato ai suoi clienti di "andare corti" sul debito italiano. In sostanza di scommettere contro i Btp, nell'ipotesi/previsione che lo spread tra i titoli decennali italiani e gli omologhi Bund tedeschi salga di circa 50 punti base nei prossimi mesi: dai circa 185 attuali a 235.

Il motivo - prosegue il Fatto - è in larga parte nella "correzione", avvenuta sempre la settimana scorsa, delle previsioni della banca Usa sulle future mosse della Bce: visto che i crac bancari paiono circoscritti e l'inflazione non sta calando, la Banca centrale europea tornerà ad alzare i tassi, probabilmente nella riunione di giugno, e difficilmente inizierà il "rientro" entro l’anno. Il primo effetto, il più ovvio, di un aumento significativo dello spread riguarderebbe la spesa per interessi, già prevista aumentare in rapporto al Pil dal 3,7% (75 miliardi) di quest’anno al 4,5% (100 miliardi) del 2026. In tre anni il debito non scenderebbe riportandosi alla fine del periodo, nel 2026, sui livelli attuali (oltre il 144% in rapporto al Pil).