Economia
Guerra e approvvigionamenti: Italia in vantaggio, ma serve nuova managerialità
Mantovani (Manageritalia): "I nostri manager sono più eclettici", ma bisogna pensare a un nuovo profilo apicale sul procurement
Procurement in tempo di guerra: come continuare la produzione
Crisi, pandemie, guerre, shock energetici, attacchi cyber o malfunzionamenti informatici, scarsità di materie e irreperibilità delle stesse, più moltissimi altre criticità che impattano gravemente sul sistema macro e microeconomico dei paesi, che poi – come in queste ore sta accadendo con approvvigionamenti energetici cui l’Unione Europea e i Governi stanno velocemente e efficacemente mettendo in campo soluzioni – saranno sempre più all’ordine del giorno quali minacce concrete non solo per il regolare operare delle aziende, ma per la stabilità dell’intero macrosistema, che peraltro è profondamente legato alla finanza e alla stabilità dei governi.
“Come Europa stiamo reagendo bene e reattivamente nella differenziazione delle forniture innanzitutto in campo energetico - osserva uno dei massimi esperti nazionali del settore Fabio Zonta, Group Chief Procurement Officer di Engineering, la più importante tech company italiana - ma dal mio osservatorio, oltre all’energia vi sono tantissimi altri punti di rottura che le aziende, faticosamente o rocambolescamente soprattutto quando si tratta di aziende di piccole e medie dimensioni (che in Italia sono oltre il 90% del tessuto economico nazionale) devono quotidianamente affrontare”.
“In tal senso – continua l’esperto - tutti i provvedimenti e le misure che oggi stiamo con i partner europei adottando devono essere consolidati a livello di sistema con una figura, quella del procurement officer, in Italia meglio conosciuta come la direzione acquisti, che deve evolversi significativamente, assommando a sé competenze che spaziando dall’AI, al risk management, alla comprensione dei modelli predittivi, tecniche di negoziazione internazionale, gestione delle risorse umane, finanche alle competenze tecniche. Una figura per la quale serve, e molto velocemente, – commenta Fabio Zonta – formare una classe dirigente per riposizionare la funzione al centro delle scelte strategiche aziendali e quale primo consigliere dell’amministratore delegato. Perché farsi trovare preparati, significa innanzitutto non inciampare e quindi primeggiare sul mercato”.
Manageritalia: "Nell'emergenza, abbiamo più chance degli altri"
“Questa situazione, per assurdo, potrebbe portare avantaggi al nostro paese – spiega Mario Mantovani presidente di ManagerItalia – perché i manager italiani sono ben preparati in quella che è la loro specializzazione o settore, ma soprattutto sono elastici, eclettici, ‘fantasiosi’ e quindi più capaci di giocare nell’emergenza fuori dagli schemi. Questo a differenza ad esempio di cinesi, americani o tedeschi, tanto per citare tre economie, che invece sono molto più ‘diligenti’ e che nell’emergenza confidano molto più su schemi e modelli, che però oggi non esistono. Inoltre – continua Mantovani – l’Italia col suo cosmo di imprese super-specializzate potrebbe avvantaggiarsene, ritornando valore allo stesso tessuto produttivo”
Opinione, quella del presidente di ManagerItalia, che convince anche gli esperti di gestione del personale d’accordo sulla necessità di una nuova figura manageriale apicale in grado di mettere in sicurezza l’azienda rispetto agli shock esterni la cui formazione, di per sé non rappresenta un processo così lungo, idealmente un paio d’anni, per un salario che ovviamente dovrà crescere dagli attuali 50mila euro di un responsabile degli acquisti sino anche a 500mila per un CPO ‘Chief Procurement Officer’ di una grande azienda.