Economia

La guerra, che bel business. Ecco tutti gli interessi “collaterali”

di Enrico Verga

La guerra è semplicemente una crisi generata dall'uomo. Un'analisi sulle potenziali linee di business in cui poter investire per capitalizzare questo scenario

Per quanto la guerra sia ancora una cosa fisica, tra umani, la crescente complessità del campo di battaglia richiede una sovrastruttura di telecomunicazioni per lo più digitali. Dal progetto di Rumsfeld, deceduto sostenitore di una America con eserciti privatizzati, il Pentagono ha compreso che un supporto IT serve.

Oggi giorno, come dimostra la guerra ucraina, la presenza di copertura satellitare è fondamentale. A questo livello si deve soprapporre quello del cloud computing per processare ogni secondo petabyte di dati provenienti da ogni fonte: truppe sul campo, sintetici sul campo (droni di varia natura), algoritmi generativi, satelliti, sensori autonomi o integrati in mezzi pesanti etc.

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Per processare tutti i dati il Pentagono (l’entità che ha il più grande budget mondiale, ad oggi 860$ miliardi per il 2023) si serve di numerosi fornitori. Aws Amazon (tra i suoi clienti anche tutti i servizi segreti americani come CIA e NSA), Microsoft, Google, General Dynamics Corp, Booz Allen Hamilton Holding Corp, Dell Technologies Inc, Oracle Corp, Accenture PLC.

Per quanto la guerra implichi un dispiegamento di forze e mezzi sul campo esiste un modo parallelo, in parte sinergico, per vendere armi, soprattutto armi pesanti. La recente guerra in Ucraina offre uno spaccato di questa politica di difesa. Prima dello scoppio della guerra i paesi della Nato europei erano perplessi all’idea di aumentare le spese in armamenti.

Con lo scoppio della guerra le aziende belliche, in particolare americane, sono riuscite a piazzare ordini miliardari a clienti Nato: dai 116 carri armati MBT Abrams americani di seconda mano (ma tenuti bene!) venduti ai polacchi ai lanciamissili HIMARS (ampliamente pubblicizzati durante la guerra ucraina) comprati da Lituania, Estonia e Latvia. La guerra ucraina ha migliorato le performance di vendite se consideriamo che nel 2021 (prima della guerra) il governo americano approvò 14 rilevanti vendite di armi ai membri NATO, per una cifra totale intorno ai 16$ miliardi. A fine 2022 erano state approvate 22 vendite per un totale di oltre 28$ miliardi.

Muoversi e investire in aziende non quotate è sempre più sfidante. Ovviamente servono capitali piuttosto importanti ma non bastano i soldi. Molte aziende elencate in seguito operano in ambienti e contesti nazionali sfidanti, con pratiche operative e approcci a volte peculiari.

 La guerra come corsa alla supremazia per l’indipendenza energetica

C’è da considerare che la guerra è un evento che, in un mondo globalizzato, non interessa più il singolo territorio di uno o più stati. La guerra oggi diviene sempre più una crisi che può interessare differenti filiere di estrazione di materie prime minerali, alimentari, idriche, energetiche. Partendo da questo presupposto possiamo comprendere come, osservando quali sono le materie prime esportate dallo stato in guerra, oppure che transitano da esso, si può investire nelle aziende che, in altre parti del mondo, vendono gli stessi prodotti oppure sono influenzare da filiere “danneggiate” da una carenza di materie prime.