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Economia
I chip sono l'industria del futuro. E l'Italia può ambire a un ruolo da leader

I microchip sono l'industria del futuro. E l'Italia può ambire a un ruolo da leader

Dieci miliardi di euro di investimenti pubblici e privati per spingere il mercato dei chip in Italia: l’obiettivo promosso nelle scorse settimane dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy di Adolfo Urso può concretizzarsi entro l’orizzonte previsto del 2030 se le aspettative iniziali saranno rispettate.  Nell’industria dei semiconduttori Roma può giocare attivamente puntando sull’attrattività della sua manifattura tecnologica, essendo la microelettronica un settore da tempo sviluppato, sull’alto livello delle università per formare il capitale umano e sulla presenza di floridi mercati di sbocco.

A Novara Silicon Box: la start up di Singapore investe 3,2 miliardi

Lo ha confermato di recente il piano da 3,2 miliardi di euro che porterà a Novara il corposo investimento di una dinamica start-up di Singapore, Silicon Box, proprio in questo critico settore. Silicon Box produce i cosiddetti chiplet, ovvero ciò che sta ai chip come gli atomi alle molecole. Ricorda StartMag, infatti, che “sono porzioni di processore con funzionalità autonome che, integrandosi tra loro, vanno a formare un chip”.

La grande dorsale padana dei chip

La “dorsale” padana dell’industria dei chip partirà da Novara e arriverà in Brianza a Cernusco Lombardone, dove ha sede Technoprobe, leader mondiale nella costruzione delle schede di verifica, i device che servono a testare la qualità di un chip. In mezzo, sulla A4 che è nastro trasportatore dell’industria italiana svetta StMicroelectronics, che costruisce chip per il settore automotive e assembla prodotti articolati funzionali all’industria. Perno d’attrazione, ovviamente, Milano con la forza finanziaria e universitaria, garantita dal Politecnico di Milano, a garantire la solidità degli attori che investono nel settore. Oltre i confini del Nord Italia, St si sta espandendo anche nel polo produttivo di Catania, ove punterà 5 miliardi di euro sostenuti dal Chips Act europeo, che con 43 miliardi di euro intende finanziare sussidi per le imprese che vogliono contribuire a portare dal 10 al 20% della quota mondiale la presa italiana sul mercato dei semiconduttori.

Come l'Italia vuole raggiungere i dieci miliardi di investimento

La quota di 10 miliardi di euro promessa da Urso potrà essere raggiunta sommando ai 3 miliardi di euro di Silicon Box e ai 3 miliardi non finanziati dall’Ue di St, partecipata al 25% dallo Stato italiano e al 25% da quello francese, i 4,2 miliardi di euro del piano governativo con cui si vuole sdoganare e facilitare investimenti privati nel contesto del settore dei chip entro il 2030. Prove tecniche di Stato “stratega” che plasma investimenti e filiere in un grande gioco in cui bisogna connettersi a catene del valore internazionali in cui un Paese conta tanto più quanto più riesce a facilitare l’indipendenza del suo campo dagli attori rivali. Leggi, in questo campo, soprattutto la Cina. Su questo punto l’Italia è in prima fila in Europa. E rendere il Paese più attrattivo e dinamico per gli investimenti aiuterà a consolidare un vantaggio competitivo non secondario.






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