Economia

Jobs act, i posti fissi si dimezzano. Slittano gli ultimi decreti

Meno 302.827 lavoratori a tempo indeterminato. Il ministero del Lavoro ha corretto i dati diffusi martedì 25 agosto sul numero dei contratti: nei primi 7 mesi del 2015 si sono registrati 327.758 contratti a tempo indeterminato in più e non 630.585 come erroneamente comunicato. La cifra somma il saldo fra attivazioni e cessazioni (+117.498) e stabilizzazioni (210.260) come si legge nelle tabelle corrette oggi.

"Nella tabella corretta — afferma una nota del dicastero — l’incremento delle attivazioni dei contratti a tempo indeterminato" sullo stesso periodo del 2014 "è del 39,3% anziché del 30,5%" di ieri (sono stati attivati nel complesso 5.150.539 contratti e non 4.954.024 come erroneamente comunicato). Di contro, evidentemente, di notevole entità è la correzione effettuata sulle cessazioni di contratti: secondo le tabelle corrette, nei primi sette mesi del 2015 le cessazioni sono state 4.014.367 e non 2.622.171 come precedentemente annunciato, 1.392.196 in più. "Ieri — fa sapere sempre il Ministero guidato da Giuliano Poletti — è stata diffusa una tabella che dava conto delle attivazioni e cessazioni di contratti di lavoro di tutti i settori di attività, escluso il lavoro domestico e la pubblica amministrazione, nei primi sette mesi del 2015 in confronto allo stesso periodo del 2014. Purtroppo, un errore nei calcoli relativi alle diverse componenti ha prodotto valori non esatti".

Intanto, serve ancora qualche giorno perché gli ultimi atti per l’approvazione del Jobs Act vengano varati dal governo. Inizialmente, tutto lasciava presagire che finissero sul tavolo del Consiglio dei Ministri di domani, ma la concomitanza con altri provvedimenti in scadenza ha fatto propendere l'esecutivo per un rinvio, probabilmente al 4 di settembre.

Resta dunque qualche giorno per gli ultimi dettagli dei quattro decreti legislativi in tema di semplificazioni e pari opportunità; servizi per il lavoro e politiche attive; attività ispettiva e controlli a distanza; ammortizzatori sociali. "Domani, se non ci saranno cambiamenti dell'ordine del giorno del Consiglio dei Ministri, è previsto che portiamo gli ultimi quattro decreti e da quel punto la legge delega sarà completamente attuata", aveva detto in un primo momento il ministro Giuliano Poletti dal meeting di Cl a Rimini, ma poi la decisione di slittare di qualche giorno. "Nel corso del pre-consiglio - ha spiegato in un secondo momento - è stato verificato che c'erano troppi punti all'ordine del giorno con molti provvedimenti in scadenza ravvicinata: i nostri scadono a metà settembre e perciò è stato deciso che slitteranno alla prossima settimana. D'altronde tutto è pronto, si tratta solo di un problema di sovraffollamento". Tra i quattro decreti c'è un punto - delicato, vista la risonanza che ha avuto - ancora da risolvere: quello dell'utilizzo da parte dei datori di lavoro di strumenti di controllo dei lavoratori, come computer, smartphone e telecamere.

Nella sua formulazione, il decreto prevede infatti la revisione dell'articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori e dà modo di utilizzare le informazioni raccolte - a valle di un accordo sindacale o con il via libera della Direzione territoriale del Lavoro - attraverso gli strumenti che servono al lavoratore "per rendere la prestazione di lavoro" e attraverso gli "strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze" anche ai fini del controllo dei dipendenti.

Un tema che ha fatto molto discutere e sul quale il Ministero del Lavoro ha precisato, già a giugno, che la disposizione circa i dispositivi utili "per rendere la prestazione" significa che "l'accordo o l'autorizzazione non servono se, e nella misura in cui, lo strumento viene considerato quale mezzo che 'serve' al lavoratore per adempiere la prestazione: ciò significa che, nel momento in cui tale strumento viene modificato (ad esempio, con l'aggiunta di appositi software di localizzazione o filtraggio) per controllare il lavoratore, si fuoriesce dall'ambito della disposizione: in tal caso, infatti, da strumento che serve al lavoratore per rendere la prestazione il pc, il tablet o il cellulare divengono strumenti che servono al datore per controllarne la prestazione; con la conseguenza che queste modifiche possono avvenire solo alle condizioni stabilite dalla norma, ossia la ricorrenza di particolari esigenze, l'accordo sindacale o l'autorizzazione" amministrativa.

Ora, i tecnici sono nuovamente al lavoro per capire come affrontare la questione, viste le pressioni verso un passo indietro arrivate da più parti. Ad esempio, dalla Commissione Lavoro della Camera è arrivata la richiesta di un passo indietro, in particolare sul fatto che si possano usare gli audiovisivi ai fini delle normative sui rapporti di lavoro. Poletti ha chiarito che l'intenzione è rispettare la privacy e la trasparenza.