Economia

L'Italia torna nel mirino dei mercati. Per i gestori colpa anche di Renzi

di Andrea Deugeni
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@andreadeugeni

Sembra di rivivere in Borsa, spread a parte, quelle terribili giornate del secondo semestre 2011 quando le banche italiane piene di Btp finivano travolte dalle vendite ispirate dalla crisi dell'eurodebito, con la speculazione finanziaria che scommetteva sull'ingresso del nostro Paese nel programma di assistenza della Troika. Programma che avrebbe costretto l'Italia a cedere importanti fette di sovranità per rientrare dall'elevato debito pubblico. In una seduta  dei listini europei (orfani di Wall Street chiusa per il Martin Luther King Day) poco sotto la parità, l'indice di Piazza Affari viaggia pesantemente in rosso (di oltre due punti e mezzo percentuali), scalzando dal centro dei monitor delle sale operative il Dax di Francoforte come indice sorvegliato speciale che nelle scorse giornate era finito nel mirino come principale piazza finanziaria che scontava gli effetti commerciali portati in dote dal rallentamento cinese. Il peso dei titoli bancari, finiti oggetto anche di vendite allo scoperto (la Consob, dopo un -12% del titolo, le ha stoppate su Mps), consegna al Footsie Mib la maglia nera (assieme a Lisbona) in Europa.

Come mai? Stando alle chiacchiere che si fanno nelle Sim milanesi, "lo zampino ce l'ha messo pure inconsapevolmente Matteo Renzi", commenta con Affaritaliani.it un trader. Secondo gli operatori lo scontro con Bruxelles, proprio mentre è in discussione il progetto sulla creazione della bad bank e la legge di Stabilità 2016 è ancora sub-iudice dell'Europa, non hanno certamente fatto bene alla percezione che gli investitori hanno del nostro Paese. E, in particolar modo, degli istituti di credito, settore sui cui sta impattando in maniera sensibile la nuova normativa del bail-in, il caso delle quattro banche salvate e i timori di un peggioramento della situazione economica che va in direzione diametralmente opposta a quella della risoluzione del grande problema del sistema bancario italiano e cioè l'ammontare dei crediti inesigibili pari al 16,7% del totale dei prestiti concessi dalle banche (3,4% del totale in Germania). Un macigno da 200 miliardi di euro circa che ostacola la normale attività dei prestiti.

In questo clima, al di là delle dichiarazioni di rito, per problemi di grosso scostamento di valore fra la domanda degli investitori e l'offerta delle banche sulle sofferenze e l'eventuale ruolo della garanzia pubblica, il dossier bad bank è ancora incagliato nelle stanze degli euro-burocrati e gli attacchi a Bruxelles di Matteo Renzi, che punta il dito contro la diversità di trattamento da parte dell'Ue fra gli istituti del Vecchio Continente, non aiutano certo a sbloccare la pratica.

Così, mentre le Popolari faticano ad accasarsi perché poteri locali e banchieri non vogliono vedere ridimensionate in maniera eccessiva le proprie prerogative, sui mercati gli investitori hanno una percezione di complessiva debolezza del sistema, con qualcuno che già ipotizza per Mps un nuovo aumento di capitale (da ottobre a Piazza Affari, la banca senese ha dimezzato la propria capitalizzazione a 2,2 miliardi, bruciando ampiamente l'aumento di capitale da 3 miliardi effettuato solamente lo scorso giugno). La speculazione sente l'odore del sangue e con posizioni short scommette sul peggioramento a breve della situazione, trend da cui trarre profitto. "Renzi avrebbe dovuto utilizzare maggiore cautela", è lo sconsolato commento che gira nel parterre di Borsa.