Economia

Lavoro, un nuovo caso "esodati". Ancora uno scivolone di Poletti

di Andrea Deugeni
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@andreadeugeni

Saranno i colpi di calore di questo caldissimo 2015 o forse, più semplicemente, una svista nell'intricata giungla di norme che regolano il mercato del lavoro italiano. Universo in cui è difficile orientarsi. Fatto sta che, dopo l'ennesima rettifica sui numeri relativi ad attivazioni e cessazioni dei contratti di impiego (nei primi sette mesi dell'anno), i tecnici del Ministero del Welfare guidati da Giuliano Poletti, al centro delle critiche per il balletto dei dati sull'occupazione, rischiano di restare ancora nell'occhio del ciclone dopo aver creato un nuovo caso "esodati" di forneriana memoria. E cioè cittadini privati di un diritto acquisito che, invece di godere delle tanto strombazzate tutele dai decreti del Job Act, finiranno invece addirittura per rimetterci (almeno nel breve), sostenendo di tasca propria (oltre il danno, anche la beffa) il costo delle spese legali per far ricorso all'Inps dopo essersi visti incredibilmente rigettare le domande di sostegno al reddito. Avendone però il sacrosanto diritto. Un caso tirato fuori a Palazzo Madama in Commissione Lavoro da Vittorio Zizza, senatore dei Conservatori e riformisti. Gruppo guidato da Raffaele Fitto che accusa "il governo Renzi di brancolare nel buio"  e di aver "fallito" in materia di politiche del lavoro, chiedendo quindi al ministro Poletti di venire a riferire sul caso in Parlamento. 

Ma chi sono i poveri malcapitati che si sono visti privare dell'assegno di disoccupazione? Tutti quelli a cui dal primo gennaio 2015 non è stato rinnovato il contratto di co.co.co o co.co.pro.

Procediamo con i fatti. L’articolo 15 del d.lgs 22-2015, quello cioè che prevede l’introduzione della dis-coll ovvero l’assegno a sostegno dei collaboratori a progetto o con collaborazione coordinata e continuativa che hanno perso il lavoro dal primo gennaio del 2015, è in vigore dal 7 marzoCome per le altre indennità di sostegno al reddito, la norma fissa il termine perentorio, a pena di decadenza dal beneficio, di 68 giorni per la presentazione della domanda all’Inps. Ente che però ha attivato le procedure con estremo ritardo e solo il 12 maggio scorso prevedendo comunque una deroga per coloro che avessero perso il lavoro fino a quella data.

La norma, che peraltro è chiara in merito alla data di entrata in vigore, prevede che sussistano contemporaneamente tre requisiti all'atto della domanda per vedersi staccare l'assegno dall'Inps. Il primo è lo stato di disoccupazione. Il secondo è la sussistenza di almeno tre mesi di contributi versati nell'anno precedente. Il terzo è la presenza di almeno un mese di contributi versati nell'anno in quello in cui si verifica la perdita dell'occupazione. E cioè il 2015. Fila tutto liscio? No, perché quest'ultima richiesta tagli fuori dal sostegno dell'ente presieduto da Tito Boeri quanti hanno perso il lavoro con primo giorno di disoccupazione al primo gennaio 2015 in quanto è impossibile che rispettino il requisito di un mese di contribuzione nell'anno in cui rimangono senza lavoro. Con un po' di fortuna, sarebbero dovuti rimanere a spasso almeno il primo febbraio. 

Così, numeri alla mano e spulciando la relazione tecnica che accompagna il decreto legislativo sottoposto al parere delle commissioni lavoro del Parlamento, salta fuori che sono oltre 6.200 (ma potrebbero esser di più) le persone finite vittime della trappola nascosta da Poletti&soci fra le righe dei decreti del Job Act. Insomma, i tecnici del dicastero di via Veneto, e il ministro stesso, non si sono accorti di aver fatto figli e figliastri fra i malcapitati ex co.co.co e co.co.pro rimasti senza lavoro, dando la possibilità solo a chi è finito disoccupato dal primo febbraio 2015 di ricevere il bonifico dell'Inps. Aridatece la Fornero?