Economia
Mediaset, perché ora Berlusconi jr è più debole contro Vivendi. Tonfo in Borsa
Il mercato vende il titolo nella seduta successiva alla sentenza di 1° nella causa civile. Non riconosciuto il petitum e operatività straordinaria ora a rischio
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Tonfo di Mediaset a Piazza Affari nella seduta successiva alla doccia fredda della sentenza di primo grado civile nella causa ex miliardaria, vista l'esiguità dei risarcimenti (1,7 milioni) per il momento accordata al Biscione, con Vivendi. In tarda mattinata il titolo lascia sul terreno oltre il 4% a 2,358 euro, nonostante il broadcaster italiano abbia annunciato "l'impugnazione in appello in merito alla quantificazione del danno subito, anche alla luce degli elementi probatori evidenziati nel corso della parallela inchiesta penale a carico di Vivendi, elementi emersi successivamente allo scadere dei termini per la produzione di prove in sede civile e per questo non considerate dal Tribunale".
Insomma, il gruppo di Cologno Monzese ostenta fiducia sulla bontà del proprio impianto accusatorio che parte dal riconoscimento da parte dei giudici di Milano del "grave inadempimento Vivendi agli obblighi previsti dal contratto stipulato dalle parti l'8 aprile 2016" sulla vendita della pay-tv Mediaset Premium.
Il mercato sta vendendo per due motivi. Da una parte, come spiegano gli analisti di Equita, "la decisione del Tribunale è negativa considerate le richieste di danni di Mediaset", che assieme a quelle di Fininvest, raggiungono i tre miliardi, commentano gli esperti che hanno quindi ridotto a 115 milioni da 392 il valore complessivo dei risarcimenti attesi da Vivendi dal ricorso del Biscione.
Dall'altra, sempre come sottolineano da Equita, nei prossimi mesi, il gruppo controllato dalla famiglia Berlusconi "avrà una posizione meno vantaggiosa in un'eventuale negoziazione con Vivendi" nell'operatività strategica della società dove i francesi, dopo la bocciatura della Corte europea della norma del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici sugli incroci azionari nelle socetà tlc, si preparano a far sentire con tutto il loro peso la propria voce. A fine giugno Mediaset terrà infatti l'assemblea di bilancio che dovrà anche rinnovare gli organi sociali, appuntamento in cui Vivendi si presenterà con tutto il suo pacchetto, pari al 28,8% del capitale, con annessi diritti di voto.
Con una quota di tali proporzioni, spiega il Sole 24 Ore, Vivendi avrà da una parte la possibilità di bloccare il buy-back che Pier Silvio Berlusconi vuole mettere a segno (fino al massimo del 20% che, tenuto conto che la società ha già in portafoglio il 3,56% del capitale, permetterebbe a Fininvest che detiene il 44,2% del capitale di salire fino a oltre il 55% dei diritti di voto) e quindi l'ulteriore rafforzamento della holding in Mediaset, dall'altra avrà i numeri per aggiudicarsi tutti i posti riservati in consiglio alle minoranze: due amministratori nel caso il board sia composto da un massimo di dieci membri o tre nel caso il numero dei consiglieri sia fissato da 11 a 15.
Con il 28,8% del capitale Vivendi disporrà inoltre di una pressochè certa "minoranza" di blocco nelle assemblee straordinarie dove le delibere sono valide se prese con la maggioranza dei due terzi del capitale presente. In altri termini, il nemico Bollorè avrà l'ultima parola anche sulle operazioni straordinarie, quali il trasferimento di sede del Biscione (già saltato il trasloco in Olanda, col progetto Media for Europe, proprio per l'opposizione dei francesi) o le fusioni societarie.
Resta ancora da capire come evolverà la vicenda penale (indagati Vincent Bollorè e Arnaud de Puyfontaine e aggiotaggio) relativa alla scalata di Vivendi: chiuse le indagini da qualche mese, non ci sono notizie su eventuali rinvii a giudizio. Logica vorrebbe tuttavia che i due gruppi si sedessero nuovamente al tavolo per evitare altri anni di Vietnam, che finirebbero per compromettere i tentativi di Mediaset di ritagliarsi un futuro sul palcoscenico europeo. Col Biscione per il momento in evidente posizione di debolezza. Così il mercato vende.