Economia

Mediobanca rivede lo statuto. Il Ceo Nagel prenota la riconferma

Il primo a mandare un messaggio distensivo dopo settimane di polemiche era stato Leonardo Del Vecchio: il patron di EssilorLuxottica, salito in poco tempo si quasi al 10% nel capitale di Mediobanca, dopo aver ripetutamente chiesto un cambio di marcia ai vertici della banca d’affari e, in sostanza, una rifocalizzazione anche sulle attività di investment banking così da non veder dipendere gli utili quasi esclusivamente dalle attività di credito al consumo di Compass o dai dividendi di Generali (partecipata al 13%, percentuale che prima o poi dovrebbe calare al 10%), aveva espresso una valutazione positiva sul nuovo piano industriale al 2023 presentato da Alberto Nagel e dalla sua squadra di top manager.

Non solo: Del Vecchio aveva aggiunto di “apprezzare lo sforzo fatto dal management” e di essere “soddisfatto dei risultati economici raggiunti” da Piazzetta Cuccia, sottolineando come l’obiettivo del proprio investimento fosse “contribuire a creare un azionariato stabile che aiuti le società (Mediobanca, ndr) a crescere e avere successo nel mondo”. Una dichiarazione che aveva abbastanza sorpreso chi segue da vicino la vicenda Mediobanca, visto che lo stesso Del Vecchio poche settimane prima pareva aver messo nel mirino anche lo statuto dell’istituto, in particolare per quanto riguarda gli articoli che disciplinano la nomina dell'amministratore delegato.

Un tema che invece non era poi stato affrontato nell’assemblea del 28 settembre. Il tentativo di smorzare i toni della polemica aveva avuto successo, tant’è vero che Ennio Doris, che comunque sta continuando ad arrotondare la propria partecipazione nel capitale di Piazzetta Cuccia (è ormai sopra il 3,7%), la scorsa settimana a chi gli chiedeva se ritenesse possibile l’ingresso di Mr Luxottica nel patto “light” ha risposto: “Credo che dobbiamo essere aperti al contributo di tutti, specialmente di imprenditori del livello di Del Vecchio”, aggiungendo “se son rose fioriranno”.

Parlando a Sparta perché Atene intendesse, Doris ha anche notato come il nuovo piano elaborato dalla squadra guidata da Nagel sia “un piano non semplice da attuare, ma se verrà realizzato porterà molte soddisfazioni agli azionisti. Penso che il management ce la farà”. Quasi un pre-endorsment per una ricandidatura di Nagel alla carica di amministratore delegato, carica che come quella del presidente Renato Pagliaro e l’intero Cda di Mediobanca scadrà tra meno di un anno, con l’assemblea che nell’ottobre del prossimo anno dovrà approvare il bilancio 2019-2020.

Così chi tra gli operatori delle City milanese segue più da vicino le vicende di Piazzetta Cuccia si dice per nulla stupito che stiano affacciandosi indiscrezioni e ipotesi circa la disponibilità di amministratori e soci storici a rivedere la governance, eventualmente elaborando un pacchetto di modifiche allo statuto da far votare proprio nel corso dell’assemblea che rinnoverà il Cda e i vertici di Mediobanca. Da quel che si sa bozze al momento ancora non ne circolano, semmai si starebbe riflettendo sul fatto che lo statuto di Mediobanca è figlio di un’epoca conclusasi con l’uscita dall’azionariato di Unicredit (fino a un mese fa primo socio con l’8,4%).

A fronte della possibilità che Del Vecchio ottenga il via libera ad un’ulteriore salita fino al 20% del capitale da parte di Banca d’Italia e Bce, aggiornare la governance è un atto di realismo ancor prima che di realpolitik utile a distendere definitivamente i rapporti tra soci di riferimento oltre che tra questi e il top management. Se basterà a garantire una riconferma a Nagel è ancora presto per dirlo, ribadiscono dalle sale operative, ma quanto meno le premesse sembrano essere positive.

Luca Spoldi