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Economia
Mercati emergenti, cinque trend da tenere sott’occhio in mondo sempre più multipolare
Mercati finanziari

Mercati emergenti: cinque tendenze positive

Il mondo è cambiato e con esso sono cambiate le motivazioni per investire nei mercati emergenti, per via dei cambiamenti secolari a livello macro e delle crescenti tensioni geopolitiche. La storia dei mercati emergenti è passata da una convergenza con il mondo sviluppato a un'opportunità strategica e di diversificazione in un mondo multipolare. Dopo la pandemia, oggi sono ancora in corso due guerre mentre il futuro dell'integrazione economica globale è sempre più in discussione. Il ritorno della competizione sistemica tra le democrazie, da un lato, e la Cina e la Russia, dall'altro, sta portando a una separazione dell'economia mondiale, che richiede nuove reti e nuove alleanze. In questo contesto, le motivazioni per investire nei mercati emergenti sono state ridefinite. L'importanza strategica dei Paesi emergenti per il mondo sviluppato sta aumentando, poiché sono diventati economie di connessione rispetto agli Stati Uniti e alla Cina.

Aumentano gli upgrade

I fondamentali macro e le metriche del credito nel mondo emergente, sia sovrano sia societario, sono migliorati rispetto a quelli delle economie sviluppate, dove continuano a esserci ampi disavanzi fiscali e l’aumento del debito in rapporto al Pil. Nel mondo sviluppato pesano anche le interruzioni alla catena di approvvigionamento dovute al peggioramento delle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina. Ciò si sta traducendo in una regionalizzazione del commercio che, da un lato, avvantaggia i paesi dell'Europa centrale e orientale, il Messico e gli altri paesi asiatici a scapito della Cina.

I paesi emergenti hanno iniziato ad avviare politiche macroeconomiche più prudenti, con una gestione fiscale più conservativa, una graduale riduzione dei sussidi e un crescente impegno nell'ortodossia monetaria attraverso l'inflation targeting. Molti paesi emergenti hanno stabilito programmi con il Fondo Monetario Internazionale o hanno ottenuto un aiuto sostanziale da parte di altri paesi della regione; altri hanno istituito politiche più ortodosse dopo le elezioni o hanno affrontato gli squilibri macroeconomici da soli. Di conseguenza, per la prima volta in oltre un decennio, stiamo iniziando a vedere un miglioramento del credito nell'intera asset class. E il 2024 sarà probabilmente il primo anno in un decennio in cui vedremo più upgrade che downgrade dei rating nello spazio dei mercati emergenti.

Focus su materie prime ed energia

Le materie prime continueranno a essere una parte molto importante della storia dei mercati emergenti. È chiaro che la competizione tra Cina e USA anche in termini di riduzione delle emissioni di anidride carbonica e di ulteriori investimenti legati all'IA richiederà un numero significativo di materie prime che non sono disponibili negli Stati Uniti, che dispongono di ampie forniture di petrolio, gas e carbone, ma non di terre rare, grafite, litio e rame. In questo scenario, i paesi emergenti, in particolare i produttori a basso costo di queste materie prime, si troveranno in una posizione di vantaggio per beneficiare delle nuove alleanze nel mondo multipolare.

La guerra tra Russia e Ucraina, inoltre, ha comportato un significativo spostamento dei flussi commerciali energetici globali. L'UE storicamente era il principale acquirente di petrolio e gas russo e dipendeva fortemente dalle forniture energetiche russe, per il 40-45% del suo gas e per il 25-30% del suo petrolio. L’Europa si è allontanata dalla Russia e ha trovato altri produttori di petrolio e gas per soddisfare la domanda. Paesi come il Qatar, il Kazakistan, l'Egitto, la Nigeria, l'Algeria, l'Angola, l'Azerbaigian stanno tutti beneficiando di questa diversificazione della catena di approvvigionamento europea. Inoltre, stiamo vedendo investimenti in nuovi settori, come quello dell'idrogeno verde, anche nei paesi emergenti, dove stanno nascendo grandi progetti in Namibia, Marocco, Oman ed Egitto.
La regionalizzazione del commercio

Il commercio globale non sta diminuendo, ma si sta regionalizzando. Mentre il commercio tra gli Stati Uniti e la Cina è in calo, quello tra la Cina e i mercati emergenti, in particolare dell'Asia, sta aumentando drasticamente, così come gli scambi tra Stati Uniti e Messico, e quelli tra l'Europa centro-orientale e l’Europa continentale. Stiamo assistendo a una maggiore regionalizzazione dei flussi commerciali, a vantaggio di quelle economie di connessione che consentono ai Paesi sviluppati di accedere alle materie prime e a beni più economici. Sullo scenario globale si iniziano a vedere anche nuove alleanze, in formazione e consolidamento. Un esempio è il Kenya, uno dei principali alleati non appartenenti alla NATO, che sta avviando una maggiore cooperazione in materia di sicurezza e tecnologia con gli USA. In quest’ottica andrebbero letti anche i diversi accordi relativi agli investimenti verdi e allo sviluppo delle infrastrutture attualmente in discussione nell’area emergente, oltre alla riduzione del debito per i paesi più poveri.

LEGGI ANCHE: Tensioni geopolitiche ed elezioni in Ue: l’impatto sui mercati finanziari

Gli effetti positivi della demografia

La crescita demografica nei paesi emergenti e il continuo aumento della forza lavoro contrasta con il declino che si registra nei paesi sviluppati, e avrà un impatto sui consumi. La quota maggiore di domanda di prodotti di fascia alta, infatti, verrà probabilmente dal mondo dei mercati emergenti, che sono l'unica area che registra una crescita significativa della classe media. Una tendenza che riguarda, in particolare, oltre a Cina e India, anche paesi come l’Indonesia, la Malesia, le Filippine, l’Egitto, la Nigeria e paesi dell’America centrale e meridionale. Dal 2024 al 2030, in particolare, il 95% della crescita della classe media proverrà dai paesi emergenti. Entro il 2030, il 70% degli 80 milioni di nuovi abitanti della classe media cinese proverrà da città di terzo livello o inferiori. Le città di terzo livello, meno sviluppate, ma con potenziale di crescita futura, stanno guidando la crescita della classe media anche in India e nei mercati del sud-est asiatico.

La de-dollarizzazione degli scambi

È in atto un cambiamento strutturale nei mercati delle materie prime. Stiamo già assistendo a un significativo accumulo di commodity da parte della Cina e a maggiori scambi regolamentati al di fuori del mercato del dollaro. La tendenza alla de-dollarizzazione del commercio delle materie prime potrebbe avvantaggiare i paesi emergenti, che ora possono non solo acquistare il petrolio a sconto, ma anche pagarlo nella propria valuta. Questa tendenza riduce anche la necessità di riserve precauzionali in dollari e Treasuries. Inoltre, a seguito del crescente ricorso alle sanzioni finanziarie e alla politica industriale degli Stati Uniti, è decisamente aumentata la domanda di oro e di altre materie prime come alternativa alla detenzione di attività finanziarie denominate in dollari nei paesi che dispongono di riserve valutarie. L'impennata dei prezzi dell'oro si sta verificando nonostante il rafforzamento del dollaro USA e l'aumento dei rendimenti del Tesoro USA, e riflette l’aumento di riserve in oro da parte delle banche centrali dei paesi emergenti. Il calo secolare delle riserve valutarie complessive in dollari e della quota degli Stati Uniti nel commercio globale probabilmente continuerà, a beneficio dei mercati delle materie prime, una tendenza da cui potrebbero trarre vantaggio le valute dei paesi emergenti.

*Portfolio Manager e Group Managing Director Emerging Markets, TCW






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